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Luca Misculin
Gli umani hanno navigato nel Mediterraneo prima di quanto pensassimo?

Gli Umani Hanno Navigato Nel Mediterraneo Prima Di Quanto Pensassimo Misculin Sito
archeologia storia

Una ricerca recente smonta una teoria archeologica: gli agricoltori non sono stati i primi a prendere il largo. A precederli sono stati i cacciatori raccoglitori, che più vengono studiati più ci sorprendono.

Un gruppo di persone in fila indiana, accovacciate una dietro l’altra all’interno di un grosso tronco intagliato, rema faticosamente in mezzo a una enorme distesa di acqua. Fa caldo, caldissimo, e all’orizzonte si distinguono soltanto due colori: il blu del mare e l’azzurrino del cielo. A un certo punto la persona che guida la fila ed è seduta a prua scorge qualcosa in lontananza. Sembra una piccola gobba del mare, che minuto dopo minuto diventa sempre più grande, sempre più larga. È un’isola. Sono quasi arrivati. 

A pochi metri dalla riva le persone appoggiano i remi, scendono dalla canoa – finalmente possono sgranchirsi le gambe – e camminando nell’acqua che gli arriva alle ginocchia accompagnano a mano la canoa fino al bagnasciuga, come fanno sempre quando arrivano sull’isola La trascinano con fatica qualche metro più in su, lontano dalle onde, poi si incamminano nell’entroterra lungo un sentiero che conoscono a memoria. Attorno a loro non ci sono terreni coltivati, recinti o capanni per gli attrezzi. A bordo della canoa non hanno portato sacchi di semi o gabbie di legno impilate una sull’altra. Arrivati a casa, non li attende un turno a strappare le erbacce nei campi. Queste persone, insomma, non sono esattamente chi ci aspettavamo. 

L’isola in questione è Malta, e siamo intorno al 6.000 a.C. Fino a poche settimane fa ritenevamo che le isole più remote del mar Mediterraneo fossero state raggiunte soltanto dalle prime comunità umane che praticavano l’agricoltura e l’allevamento. Due innovazioni tecnologiche inventate in Mesopotamia e poi arrivate attorno al 6.500 alle coste mediterranee grazie alla migrazione di un gruppo umano con un patrimonio genetico piuttosto omogeneo, che chiamiamo Antichi Agricoltori Anatolici (AAA, per gli amici). È un assunto che comporta implicazioni più profonde di quanto sembri: se pensiamo che soltanto degli umani in grado di coltivare campi e allevare animali potessero spostarsi in mare per lunghe distanze, stiamo sostenendo che la navigazione sia esclusiva di società che percepiamo come “avanzate” solo perché tecnologicamente più vicine alle nostre.

Tesi come queste negli ultimi anni sono state ripetutamente messe in discussione, anche per merito di un libro seminale come L’alba di tutto dell’antropologo David Graeber e dell’archeologo David Wengrow, in cui si dimostra come nel corso della storia siano esistite società complesse e città enormi ben prima che gli umani scoprissero l’agricoltura, l’allevamento, ma anche la rigida struttura gerarchica che caratterizza la stragrande maggioranza delle comunità umane ormai da millenni. L’approccio che tiene insieme l’agricoltura, l’allevamento e in sostanza lo sviluppo delle comunità umane ha subìto un’altra picconata all’inizio di aprile, quando un gruppo di ricerca coordinato dall’archeologa Eleanor M.L. Scerri ha pubblicato un articolo su «Nature» sostenendo che con tutta probabilità gli AAA non furono i primi umani a mettere piede su Malta. Telmo Pievani ha già parlato di questa ricerca su Lucy sui mondi nel primo numero della sua newsletter.

“Se pensiamo che soltanto degli umani in grado di coltivare campi e allevare animali potessero spostarsi in mare per lunghe distanze, stiamo sostenendo che la navigazione sia esclusiva di società che percepiamo come “avanzate” solo perché tecnologicamente più vicine alle nostre”.

Malta emerse dalle acque centinaia di migliaia di anni fa e la sua conformazione è cambiata più volte nel corso del tempo, per via dei fondali bassissimi che la circondano. Durante l’Ultimo massimo glaciale, cioè il periodo compreso fra il 24.000 e il 18.000 a.C. durante il quale i ghiacciai terrestri ebbero la loro maggiore espansione, il fondale del Mediterraneo era più basso di circa 120-130 metri, e un ponte di terra univa Malta e la Sicilia. Fu grazie a quel ponte naturale che con tutta probabilità alcuni esemplari di ippopotamo raggiunsero Malta: fino a qualche migliaio di anni fa l’isola era ancora abitata dai loro discendenti, una specie chiamata Hippopotamus melitensis un po’ più piccola rispetto ai propri antenati della terraferma per via del noto fenomeno del nanismo insulare. Poi a un certo punto le temperature aumentarono, i ghiacciai si sciolsero depositando miliardi di metri cubi d’acqua negli oceani e nei mari interni come il Mediterraneo, e il ponte di terra che univa Malta e la Sicilia fu definitivamente sommerso attorno al 10.900 a.C., secondo stime recentissime della geologa Sofia Rossi

Gli umani non riuscirono mai a percorrerlo, per quel che ne sappiamo. E per molto tempo i loro resti più antichi su Malta sono stati quelli scavati nella grotta di Għar Dalam, nell’estrema propaggine sud-est dell’isola: avanzi di cibo e frammenti di terracotta che secondo alcuni erano simili a quelli utilizzati in Sicilia più o meno negli stessi anni. I ritrovamenti di Għar Dalam furono così importanti per l’archeologia maltese che diedero persino il nome a una fase della storia sull’isola, la prima che prevedeva una presenza umana stabile, definita per l’appunto “fase di Għar Dalam”, dal 5.900 fino al 5.000 a.C. (i primi oggetti certamente umani risalgono al 5.400 a.C.).

Ora però tutto questo sistema va ripensato. 

Fra il 2021 e il 2023 il gruppo di lavoro di Scerri ha scavato nella grotta di Latnija, all’estremità opposta dell’isola rispetto a Għar Dalam, e ha trovato qualcosa che nessuno si aspettava. «Sedimenti databili fra l’inizio e la metà dell’Olocene che contengono utensili in pietra, resti di focolari, tracce di cenere e una varietà di flora e fauna fra cui gasteropodi marini, pesci e mammiferi marini», si legge su «Nature». Tradotto dall’archeologese: tracce di umani. 

“Fra il 2021 e il 2023 il gruppo di lavoro di Scerri ha scavato nella grotta di Latnija, all’estremità opposta dell’isola rispetto a Għar Dalam, e ha trovato qualcosa che nessuno si aspettava”.

Analizzando i resti dei focolari con la tecnica della spettrometria di massa con acceleratore, un’evoluzione dell’ormai celebre analisi al carbonio-14, è stato possibile stimare che i primi siano stati accesi intorno al 6.500 a.C: più un millennio prima di quelle che fino a poco tempo fa erano considerate le primissime tracce umane sull’isola, cioè quelle di Għar Dalam. In un periodo cioè in cui gli AAA avevano appena iniziato ad espandersi nel Mediterraneo orientale, secondo la cronologia illustrata più completa sui loro spostamenti compilata dagli archeologi Detlef Gronenborn e Barbara Horejs

Già spostando indietro di mille anni la prima colonizzazione umana di Malta era possibile ipotizzare che i primi ad arrivare sull’isola non fossero stati loro, gli AAA, ma il gruppo umano che abitava il Mediterraneo orientale prima della loro migrazione: cioè i cosiddetti cacciatori-raccoglitori. 

In realtà “cacciatori-raccoglitori” è un termine ombrello un po’ generico: in questa parte di mondo oggi siamo in grado di distinguere con maggiore chiarezza, in base all’esame del patrimonio genetico, “cacciatori-raccoglitori occidentali”, che hanno abitato prevalentemente l’Europa centro-occidentale, e “cacciatori-raccoglitori orientali”, localizzati perlopiù nelle odierne Russia e Ucraina. Non sappiamo esattamente da dove provenissero le persone arrivate a Malta intorno al 6.500 a.C – nello scavo di Scerri non sono state trovate ossa umane – ma siamo piuttosto certi che appartenessero a un gruppo di cacciatori-raccoglitori. Per varie ragioni. 

Prima di tutto per una questione di dieta. Nella grotta di Latnija sono stati trovati migliaia di resti di pasti evidentemente consumati da umani, fra cui varie ossa di cervo nobile, di uccelli di ogni specie, oltre a quello che restava di animali che evidentemente erano stati raccolti o pescati in mare: 10mila conchiglie di Phorcus turbinatus, un mollusco chiamato Cornetto o Biscacco, molto diffuso nei fondali mediterranei a bassa profondità; lische di cernia; gusci di ricci di mare; addirittura ossa di foca, oggi quasi totalmente scomparsa dal Mediterraneo (rimangono soltanto poche centinaia di esemplari di foca monaca mediterranea). Circa un quarto dei resti totali di animali e piante mostrano segni di bruciatura e carbonizzazione: segno che sono stati cotti sulla fiamma viva o su una brace prima di essere consumati. 

“Chi inventò la navigazione a lunga distanza, nel Mediterraneo? Dove e quando avvennero i primi viaggi alla scoperta delle isole più remote di questo mare?”

Una dieta così legata al mare non combacia con le nostre informazioni sui primissimi AAA che arrivarono a Malta, dove negli strati archeologici relativi al Neolitico «sono state trovate poche tracce di sfruttamento delle risorse marine, mentre gli studi archeologici e isotopici suggeriscono che le persone avevano una dieta incentrata principalmente sulle risorse terrestri», si legge nello studio di Scerri. In altre parole: gli AAA pescavano pochissimo o per nulla, si cibavano perlopiù di ciò che coltivavano e allevavano, ed è plausibile quindi che una dieta a base di molluschi, pesci e mammiferi marini indichi la presenza di qualcun altro.

Anche i 64 pezzi di utensili ritrovati a Latnija fanno pensare più a una piccola comunità di cacciatori-raccoglitori, piuttosto che a una primissima occupazione degli AAA. «Fatta eccezione per un utensile in selce», si legge, «tutti gli strumenti in pietra sono di calcare, la maggior parte del quale fu chiaramente procurato sotto forma di ciottoli o ciottoli di spiaggia, mentre il resto da affioramenti terrestri. È un fenomeno in controtendenza con quanto trovato nei più antichi siti neolitici di Malta, dove gli utensili sono in selce (sia locale che importata) e in piccole quantità di ossidiana», cioè il materiale vulcanico, nero e lucente, con cui nel Neolitico si costruiva un po’ di tutto, dagli oggetti di vita quotidiana alle armi.

La presenza di un gruppo di cacciatori-raccoglitori su Malta un migliaio di anni prima che arrivassero gli AAA non conferma soltanto che i cacciatori-raccoglitori fossero in grado di fare molte più cose di quello che pensiamo, come sospettavano Graeber e Wengrow, cioè per esempio percorrere gli 85 chilometri che separano l’estremità sud della Sicilia da Malta. E apre domande interessantissime.

Che fine fecero, i cacciatori-raccoglitori di Malta? Si estinsero da soli, abbandonarono l’isola perché inospitale, oppure vennero uccisi dalle prime comunità di AAA che sbarcarono negli stessi luoghi dove erano arrivati loro qualche secolo prima? È possibile che qualcuno di loro sia rimasto sull’isola e abbia avuto qualche influenza nello spettacolare sviluppo della vita neolitica a Malta, fatta di strutture misteriose che chiamiamo “templi” – in mancanza di termini più adatti –, gare di costruzione di edifici sempre più grandi e caste di sciamani mediterranei, come racconta magistralmente un bel libro di Claudia Sagona, The Archaeology of Malta.

Ma le questioni ancora più affascinanti non riguardano soltanto una piccola isola nel Mediterraneo centrale. 
Chi inventò la navigazione a lunga distanza, nel Mediterraneo? Dove e quando avvennero i primi viaggi alla scoperta delle isole più remote di questo mare? Dovremmo aspettarci di trovare, prima o poi, una imbarcazione ancora più antica della canoa scoperta nel 1998 nel cosiddetto Villaggio Marmotta, nel lago di Bracciano, che risale al 5.400 a.C. e a oggi è la più antica traccia mediterranea di navigazione? In un’intervista al Times of Malta successiva alla pubblicazione dell’articolo su Nature, Scerri pone domande ancora più ampie, quasi esistenziali. «In quali altri posti andarono» i cacciatori-raccoglitori di Malta? «Quali altre connessioni avevano» col resto dell’umanità? Ne aggiungo ancora una: ci siamo sempre sottovalutati, nello studio del nostro passato più remoto?

Luca Misculin

Luca Misculin fa il giornalista e lavora al «Post» dal 2013. Si occupa soprattutto di migrazione, di Europa e di storie molto antiche. Negli anni ha curato i podcast La nave, La fine del mondo e L’invasione. Ogni sabato conduce l’edizione del weekend di Morning. Molto piú saltuariamente conduce Prima pagina su Radio 3. Il suo ultimo libro è Mare aperto. Storia umana del Mediterraneo centrale (Einaudi, 2025).

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