Articolo
Danilo Zagaria
Il riso potrebbe cambiare la genetica del futuro

Come Il Riso Cambia La Genetica Del Futuro? Cover Zagaria
politica Scienza tecnologia

Un chicco prezioso per l'alimentazione di base di buona parte del mondo oggi è in pericolo a causa della crisi climatica. Con una variante appena scoperta di un suo gene se ne potrebbe preservare resa e qualità, ma l'editing genetico è ancora in discussione.

Geneticamente modificato si o geneticamente modificato no? Sebbene la coltivazione di varietà migliorate geneticamente in laboratorio sia ancora un tabù in Italia e in Europa, è all’orizzonte un cambio di rotta, come ha sottolineato la Commissione Agricoltura in Senato a fine ottobre. Un’apertura che potrebbe aiutare il settore agricolo a ottenere colture più resistenti ai rapidi mutamenti climatici in corso, dando continuità a quella pratica di selezione genetica che accompagna la storia dell’umanità fin dai tempi più antichi. 

Lo scorso luglio la rivista Cell ha pubblicato un articolo decisivo per il futuro del riso, A Natural Gene On-off System Confers Field Thermotolerance for Grain Quality and Yield in Rice, firmato da un gruppo di ricerca cinese capitanato da Wei Li della Huazhong Agricultural University di Wuhan.. È il risultato di oltre un decennio di ricerche nel campo della genetica delle piante di riso (cereale che costituisce una fonte fondamentale di calorie per almeno 3,5 miliardi di persone), ma le conseguenze dei risultati ottenuti potrebbero essere decisamente più ampi e riguardare anche altre colture largamente diffuse come grano e mais. Ad accomunare queste fondamentali risorse alimentari per l’umanità è infatti la loro fragilità nei confronti delle temperature elevate e delle ondate di calore, che stanno rapidamente aumentando a causa della crisi climatica.

Sebbene il riso non sia una pianta che disdegna il calore, notti così calde causano una riduzione delle rese e soprattutto donano ai chicchi una consistenza gessosa (la cosiddetta chalkiness). Quest’ultima proprietà ha un effetto deleterio su aspetto e qualità dei chicchi, che risultano difficili da macinare, meno adatti alla cottura e pastosi in bocca. È un difetto che compare quando si verifica una irregolare disposizione dell’amido unita alla comparsa di sacche d’aria all’interno del chicco.

«Un riso dal chicco gessoso non piace ai consumatori, a prescindere dal luogo in cui vivono, e non piace ai produttori, perché causa un calo delle rese», racconta Vittoria Brambilla, professoressa del dipartimento di Scienze agrarie e ambientali dell’Università Statale di Milano che da anni conduce ricerche sulla biologia dello sviluppo e sulla genetica del riso. «È un riso che per via della sua fragilità tende a frammentarsi durante la sbramatura e la sbiancata, cioè le lavorazioni che portano alla produzione del riso bianco». Non è dunque un problema da poco e può anche rendere vani gli sforzi dei genetisti nel modificare alcune caratteristiche nella pianta.

Continua Brambilla: «Noi da tempo lavoriamo sul gene pi21, che nel riso controlla la resistenza a una malattia di origine fungina causata dalla specie Magnaporthe oryzae, il cosiddetto brusone. Ottenere un riso resistente a questo fungo sarebbe un grande vantaggio, ma il gene pi21 è associato a un altro che dà origine a chicchi cattivi, gessosi. Questa caratteristica è talmente sgradita che per ora nessuno pensa di produrre varietà resistenti alla malattia per incrocio perché assieme a tale vantaggio produrremmo un riso di scarsa qualità».

Gli scienziati cinesi autori dello studio sono riusciti a localizzare un gene sul cromosoma 12 che è in grado di controllare la tolleranza al calore in alcune varietà di riso. Lo hanno chiamato QT12 e hanno scoperto che in condizioni di stress causate da temperature elevate questo gene si inattiva, esponendo la pianta all’azione deleteria del calore in eccesso che porta alla produzione di chicchi gessosi. Sono poi riusciti a dimostrare che questo gene è anche responsabile del calo delle rese: grazie a tecnologie che consentono l’editing genetico – la modifica mirata di alcune sequenze del DNA di un organismo – lo hanno eliminato da una varietà sperimentale che è poi stata testata in un campo. La varietà geneticamente modificata ha mantenuto una buona resa, mentre quella non modificata ha subìto un calo nella produzione del 58%.

Le richieste di varietà migliorate geneticamente provenienti dal settore agronomico sono in crescita. Le più desiderate sono quelle che consentono di aumentare le rese, ridurre l’utilizzo di fertilizzanti o agrofarmaci e tollerare la siccità o la salinità.

I risultati di questa ricerca hanno stupito più di un esperto, in quanto hanno dimostrato che caratteristiche per noi molto importanti (come la tolleranza all’aumento delle temperature o la resa) possono essere determinate anche da un singolo gene, sul quale peraltro possiamo intervenire. Brambilla spiega che oggi le richieste di varietà migliorate geneticamente provenienti dal settore agronomico sono in crescita. «Le più desiderate sono quelle che consentono di aumentare le rese, ridurre l’utilizzo di fertilizzanti o agrofarmaci e tollerare la siccità o la salinità. E poi, ovviamente, quelle più resistenti a malattie fungine come brusone e fusariosi. Ma è anche possibile lavorare su richieste specifiche, come varietà che producono riso a basso indice glicemico e a maggiore contenuto di proteine. Nel complesso, l’obiettivo è ottenere piante più resistenti in tutte le fasi, dalla crescita alla lavorazione».

L’apertura a questo tipo di coltivazioni pare essere più vicina anche nell’Unione Europea, dove da tempo il divieto è pressoché assoluto. L’obiettivo è ottenere un regolamento europeo sull’impiego delle cosiddette TEA (Tecnologie di Evoluzione Assistita), che consentono il miglioramento genetico su organismi come le piante senza il trasferimento di materiale genetico proveniente da altri organismi (come avviene invece nel caso degli organismi geneticamente modificati, gli OGM).

La stessa Brambilla – grazie alla collaborazione con l’Ente Nazionale Risi, al supporto politico della regione Lombardia e della regione Piemonte e al supporto finanziario della Fondazione Bussolera Branca – ha potuto procedere alla prima sperimentazione italiana di riso realizzata con TEA allestendo un campo in Lomellina nel 2024. Dopo poche settimane, il campo sperimentale, che era stato realizzato dopo aver superato tutti i livelli di valutazione di impatto ambientale del Ministero dell’Ambiente, è stato distrutto nottetempo da alcuni vandali.

Continua Brambilla: «Oggi la ricerca passa dalla cosiddetta genotipizzazione, cioè l’individuazione e lo studio dei geni delle piante in esame, e dalla fenotipizzazione, cioè l’analisi delle piante in base alle loro caratteristiche di crescita e risposta agli stress. Se la prima si fa in laboratorio, e oggi è molto più veloce di un tempo, per la seconda è essenziale avere buoni campi sperimentali. E poi, ovviamente, è fondamentale l’editing genetico in tutte le sue forme, come le Tecnologie di Evoluzione Assistita, per ottenere le varietà adatte all’agricoltura del futuro».

La storia del riso è critica per diversi fattori fra cui il repentino mutare delle condizioni climatiche in cui il riso si trova a crescere e le disuguaglianze generate dai meccanismi di funzionamento, spesso oscuri e aggrovigliati, della produzione e distribuzione mondiale di cibo.

Il riso, però, non è soltanto tecnologia e sperimentazioni. Lo dimostra un saggio da poco arrivato in libreria, La moneta bianca. Viaggio politico e sociale nei territori del riso edito da il Saggiatore. L’autrice, Francesca Grazioli, lavora presso il centro di ricerca Biodiversity International, per il quale si occupa di crisi climatica e sicurezza alimentare. Il libro racconta la storia del riso, dalle sue origini più profonde all’attuale situazione globale, resa critica da diversi fattori fra cui il repentino mutare delle condizioni climatiche in cui il riso si trova a crescere e le disuguaglianze generate dai meccanismi di funzionamento, spesso oscuri e aggrovigliati, della produzione e distribuzione mondiale di cibo.

Quello di Grazioli è un viaggio personale nei territori del riso, dalle Filippine al continente africano, dalla rivoluzione neolitica – momento cardine della storia umana in cui i cereali hanno giocato un ruolo fondamentale nel passaggio alla cultura stanziale – alla cosiddetta Rivoluzione verde di metà Novecento. L’obiettivo è portare alla luce ciò che non si vede, i flussi economici, le storture del capitalismo globale e le eredità del colonialismo, tutti argomenti che Grazioli aveva già affrontato nella sua prima opera dedicata all’industria della carne. Scrive Grazioli dopo aver esplorato le rotte del riso nel Sahel:

Il riso, come il pomodoro, è un manuale di geopolitica in miniatura. Insegna che il potere non sta solo nelle mani di chi comanda un esercito o occupa un palazzo, ma anche in quelle di chi decide il prezzo di un chicco, chi ne controlla la varietà, chi ne regola il commercio internazionale. Il mercato globale del riso è una scacchiera su cui il Senegal ospita ancora la stessa casella di secoli fa: fornitore di materie prime, inclusi esseri umani, compratore di prodotti finiti.

Grazioli non parla espressamente di editing genetico o di TEA applicate al riso, ma torna spesso su un tema che non bisogna sottovalutare.

Il riso è un ottimo candidato per l’editing genetico, ne conosciamo piuttosto bene il genoma e i caratteri chiave. Potrebbe aiutarci per produrre varietà resistenti all’aumento di calore e a quello della salinità dei suoli causato dall’innalzamento del livello dei mari, particolarmente pericoloso per le risaie in Paesi come il Vietnam. Detto questo, restano comunque dei problemi, causati dal fatto che spesso l’applicazione di una tecnologia non viene considerata all’interno del sistema politico e sociale presente in un determinato contesto. Fra questi c’è quello della proprietà intellettuale e della cosiddetta technology dependency, cioè il legame forzato che si viene a creare fra l’azienda che vende i semi e gli agricoltori appartenenti a una comunità. Si tratta di criticità che sussistono a prescindere dal tipo di tecnologia, e che quindi riguardano più che altro il modo in cui vogliamo inserire avanzamenti tecnologici e costruire legami.

Grazioli insiste spesso sull’importanza della ricerca, che sarà determinante, in futuro, per provare a immaginare lo sviluppo di nuove varietà anche in chiave pubblica e non soltanto privata, di modo che si possa garantire una piena partecipazione delle comunità che vengono coinvolte nella produzione e nel consumo del cibo coltivato. «Mi pare fondamentale che la selezione delle caratteristiche dei prodotti alimentari arrivi dalle comunità. E che le preferenze di certi tratti rispetto ad altri emergano da una collaborazione in grado di portare sul campo le conoscenze tradizionali oltre a quelle scientifiche».

Il futuro del riso – cereale per cui la FAO stima un aumento annuo della produzione dell’1%, concentrato soprattutto in Asia – si muove dunque fra scienza e ricerca, società e politica. Su tutto pesa l’incognita della crisi climatica, destinata a influenzare rese e commercio negli anni a venire.

Danilo Zagaria

Danilo Zagaria è biologo, divulgatore scientifico e redattore editoriale. Scrive di libri, scienza e animali su diverse testate, fra cui «La Lettura» del «Corriere della Sera». Il suo sito personale è La Linea Laterale. Nel 2020 ha fondato la rivista letteral-scientifica «Axolotl». Con add editore ha pubblicato In alto mare. Paperelle, ecologia, Antropocene, finalista dell’edizione 2023 del Premio letterario Galileo per la divulgazione scientifica, e Il groviglio verde. Abitare le foreste dal Mesozoico alla fantascienza.

Contenuti Correlati