Un'inchiesta sul turismo nel Meridione inaridito dalla crisi climatica, dove nuovi resort di lusso sostenuti da fondi pubblici prosciugano risorse scarse, mentre gli abitanti razionano l'acqua e l'agricoltura collassa.
Quando pensiamo a un deserto, spesso immaginiamo distese infinite di sabbia sotto un sole cocente, mancanza di acqua e vegetazione per chilometri. Un quadro che assomiglia sempre di più alla Sicilia, quando si avvicina l’estate. L’isola è una delle regioni italiane con il più alto rischio di siccità, e il 2024 ha offerto un’anteprima di cosa questo possa comportare o cosa questo significhi, come sottolineato dall’ISPRA. Questo fenomeno, legato soprattutto alla crisi climatica, è alimentato dall’aumento delle temperature e dalla crescente irregolarità delle piogge. Mentre molti residenti guardano il proprio territorio inaridirsi, altri continuano a vederci una tela bianca su cui imprimere lo sfarzo di una nuova attrattiva turistica di lusso. L’acqua è al centro di questa tensione: la risorsa più importante della regione è, allo stesso tempo, la più sfruttata.
“Quando rendiamo una destinazione accessibile solo ai più abbienti, dobbiamo anche chiederci se le infrastrutture locali siano in grado di sostenere tale pressione”, sostiene Federica Epifani, geografa presso l’Università del Salento. Questo è il caso di resort e hotel di lusso, un settore in forte crescita in tutto il Mediterraneo, dove i prezzi sono spesso inaccessibili per le popolazioni locali. Uno studio su un hotel a cinque stelle a Tenerife, in Spagna, ha rivelato che, nonostante l’adozione di misure per il risparmio idrico, molti hotel consumano ancora più del limite internazionale di 140 litri per ospite a notte, a dimostrazione di quanto le strutture ricettive di lusso abbiano un impatto idrico particolarmente impattante, fino a 1500 litri per stanza per resort di lusso. Si tratta di una cifra incredibilmente alta se si considera che l’uso domestico di acqua in vari Paesi europei si aggira tra i 40 e i 50 metri cubi per abitante. “Fanno il deserto e lo chiamano turismo”, scrivono sul loro blog gli attivisti siciliani del collettivo Antudo, punto di riferimento per quelle realtà sociali che si muovono per l’autodeterminazione e l’autogoverno dei territori siciliani.
La tensione su chi debba utilizzare l’acqua in aree soggette a siccità è un problema diffuso in tutto il Mediterraneo, dove il governo e le aziende private stanno spingendo il settore turistico a favore di persone benestanti. Uno dei più grandi gruppi finanziari al mondo, Blackstone, per esempio, ha investito oltre 500 milioni di euro in hotel nel sud dell’Europa lo scorso anno, una tendenza trainata dall’aumento del numero di persone con un elevato patrimonio. Questa espansione è già visibile in paesi come l’Albania e la Grecia. Tuttavia, oltre a sottrarre risorse naturali già scarse ai territori, gli esperti si interrogano sulla reale capacità di questo modello di generare benefici significativi e duraturi.
“Il turismo di lusso, di per sé, non significa necessariamente un turismo migliore o maggiori opportunità per una regione. Come per ogni cosa, dipende da come viene attuato”, dice Chiara Rabbiosi, ricercatrice che studia le dimensioni sociali e spaziali della mobilità presso l’Università di Padova. “Ma se diventa l’unico modello di sviluppo per un territorio, può essere rischioso.” Chiari esempi di questa tendenza esistono già, alimentati da serie televisive, campagne di marketing e altri eventi mediatici. La serie televisiva prodotta da HBO, White Lotus è uno di questi: la terza stagione ha registrato 4,8 milioni di spettatori. La seconda è ambientata al San Domenico Palace, un monastero del XIV secolo situato sulle pendici dell’Etna con vista sul Mar Ionio. Trasformato in un grand hotel nel 1896, è stato recentemente riaperto sotto il prestigioso brand Four Seasons. Le riprese della serie, acclamata a livello internazionale, ne hanno ulteriormente consolidato lo status di destinazione di lusso.
“Mentre molti residenti guardano il proprio territorio inaridirsi, altri continuano a vederci una tela bianca su cui imprimere lo sfarzo di una nuova attrattiva turistica di lusso. L’acqua è al centro di questa tensione: la risorsa più importante della regione è, allo stesso tempo, la più sfruttata”.
Mentre la serie trasporta gli spettatori in un mondo di opulenza, le sue conseguenze nel mondo reale sono disastrose. Molti parlano di un vero e proprio “effetto White Lotus” per descrivere l’impennata del turismo nella zona. Nei 90 giorni successivi alla messa in onda del finale di stagione nel dicembre 2022, le ricerche di viaggio per la Sicilia sono aumentate del 50 per cento. Destinazioni come Taormina e Noto, che fanno da sfondo alla serie, hanno attirato un particolare interesse, mentre la regione stava affrontando problemi di sovraffollamento e infrastrutture inadeguate a sostenere tale pressione turistica. Interpellati sulla questione e, in particolare, sulla sostenibilità delle proprie infrastrutture, i responsabili del San Domenico Palace hanno dichiarato di rifarsi a pratiche ESG, criteri finanziari, ambientali e sociali utilizzati per stabilire quanto è sostenibile un’azienda e il suo impatto, dove i numeri sui consumi e come contenerli non sono però esplicitati. Alla richiesta di approfondimenti hanno declinato di rispondere. Allo stesso tempo, HBO non manca di sottolineare, in una nota, le ricadute economiche dei 100 giorni di set in Sicilia, senza però entrare nel merito di eventuali misure previste o adottate per evitare lo spreco di risorse idriche, se non la figura di un sustainability coordinator incaricato di assicurarsi che le raccomandazioni di HBOGreen su carburante, energia, materiali, rifiuti, comunità e contenuti in onda fossero rispettate.
Anche a San Vito Lo Capo, 300 chilometri a ovest di Taormina, alcuni investimenti nel settore del turismo di lusso non hanno tenuto conto delle esigenze locali. “Le infrastrutture di San Vito non riescono a reggere il recente boom turistico”, afferma Maria Laura Geraci, residente a San Vito Lo Capo. Dal 2019 al 2022 si è opposta alla costruzione di un resort sul mare che, secondo gli attivisti locali, avrebbe accelerato l’erosione della spiaggia. “Non abbiamo un vero sistema idrico: dipendiamo ancora dalle autobotti”, sostiene. “Le autorità locali stanno cercando di migliorare la situazione, ma non dovremmo inseguire una crescita continua dei flussi turistici. Le infrastrutture vanno certamente potenziate, ma serve anche una chiara regolamentazione degli accessi”.
Sebbene l’isola disponga di abbondanti risorse idriche, la rete dell’acquedotto è obsoleta e il sistema fognario sottodimensionato, incapace di sostenere ulteriori carichi antropici. Per la popolazione locale, questi problemi non sono una novità, e si aggravano ogni estate. Secondo l’Istat, nel 2022 la Sicilia ha perso il 51,6 per cento dell’acqua immessa nella rete di distribuzione, pari a 339,7 milioni di metri cubi andati dispersi. Di conseguenza, nel 2024 oltre un milione di residenti in 93 comuni ha affrontato razionamenti idrici, con riduzioni dei consumi fino al 45 per cento in alcune aree. Il settore agricolo ha subito perdite superiori a un miliardo di euro per l’impossibilità di irrigare adeguatamente i campi o abbeverare il bestiame. Città come Agrigento sono state costrette a respingere parte del flusso turistico a causa della mancanza d’acqua lo scorso anno. Alcuni alberghi e strutture ricettive hanno faticato a garantire una fornitura idrica costante, sollevando seri interrogativi sulla sostenibilità a lungo termine di questo tipo di turismo in un territorio profondamente segnato dalle conseguenze della crisi climatica.
“Ho l’impressione che si stia ripetendo la stessa logica estrattiva che ha caratterizzato le strategie di sviluppo nel sud Italia dal secondo dopoguerra”, precisa Epifani. “Quando parlo di logica estrattiva mi riferisco a grandi investimenti destinati a stimolare le economie di regioni socialmente ed economicamente vulnerabili. Il turismo, soprattutto di questo tipo, non genera necessariamente benefici diffusi o duraturi per le comunità locali”.
“Secondo l’Istat, nel 2022 la Sicilia ha perso il 51,6 per cento dell’acqua immessa nella rete di distribuzione, pari a 339,7 milioni di metri cubi andati dispersi. Di conseguenza, nel 2024 oltre un milione di residenti in 93 comuni ha affrontato razionamenti idrici, con riduzioni dei consumi fino al 45 per cento in alcune aree”.
Un esempio emblematico si sta verificando in un’altra regione del sud Italia rinomata per i suoi paesaggi e le sue coste incontaminate: la Puglia. Entro il 2027, la regione dovrebbe ospitare La Maviglia, un resort di ultra-lusso dal valore di 200 milioni di euro. Esteso su 202 ettari vicino la costa ionica, il progetto prevede un campo da golf a 18 buche progettato dallo studio Oppenheim Architecture, una rinomata realtà di Miami specializzata in architettura “socialmente e ecologicamente consapevole”, oltre a 70 suite private, 20 camere d’hotel boutique, 35 ville di lusso, ristoranti gourmet guidati da chef acclamati e una spa di 5000 metri quadrati.
Il finanziatore dietro La Maviglia è Nicola Cortese, imprenditore italo-svizzero, e la sua società Ultimate Collection Ltd. Nonostante il masterplan presentato, i dati del progetto sembrano inaccessibili. Alla richiesta di accesso agli atti, avanzata per ottenere la documentazione relativa all’impatto ambientale, la Ultimate Puglia srl, controllata della Ultimate Collection Ltd. si è opposta appellandosi a motivi economici e di riservatezza.
“Sono progetti speculativi che vengono calati dall’alto e che pesano sul territorio”, dice Simone Fusco, residente a Maruggio. “Il resort è più grande del centro abitato. È una zona che ha una storia: ospita una masseria del Settecento, e ci sono fichi, ulivi secolari, mandorli, che verranno sostituiti”. L’ambizioso progetto ha potuto beneficiare della Zes Unica del Mezzogiorno, una Zona economica speciale che comprende tutte le regioni del sud Italia. Le Zes sono pensate per stimolare lo sviluppo economico in aree storicamente marginalizzate, offrendo agevolazioni fiscali, semplificazioni burocratiche e altri incentivi per attrarre investimenti.
“Stanno permettendo la costruzione in una zona classificata come agricola,” afferma Angelo Chiego, il cui terreno confina con l’area del progetto. Anche gli esperti hanno percepito i rischi riguardo agli impatti ecologici del resort. “I campi da golf sono infrastrutture che richiedono un uso massiccio del suolo, e un altrettanto rilevante consumo idrico,” sostiene Epifani, geografa presso l’Unisalento. “E non dimentichiamo che “Puglia” significa letteralmente “senza pioggia”. D’altra parte l’Acquedotto pugliese il 9 giugno ha dichiarato di essere in riserva: per il 2025 è stato approvato un piano di emergenza regionale con stanziamento di 1,3 miliardi per fronteggiare la crisi idrica.
“Man mano che l’esclusività cresce per i viaggiatori benestanti, i residenti locali devono affrontare la scarsità di risorse. La domanda fondamentale resta: qual è il vero costo del lusso, e chi finisce per pagarlo?”
Piero Lionello, professore di Scienze oceanografiche e dell’atmosfera all’Università del Salento, condivide questa preoccupazione. “Generalmente le grandi strutture turistiche richiedono un’ingente quantità di risorse, soprattutto idriche”, afferma. “In un futuro in cui le risorse idriche saranno sempre più scarse, sostenere questi consumi diventerà progressivamente problematico, con verosimili conflittualità con altri usi civili e in agricoltura”. E aggiunge: “È possibile adottare procedure di risparmio idrico e sistemi avanzati di riciclo e stoccaggio dell’acqua, che potrebbero contribuire a ridurre consumi e impatto. Tuttavia, questo dipende dalla singola struttura e il risparmio è talvolta più che compensato da servizi supplementari offerti agli ospiti, come piscine e spazi verdi soggetti a irrigazioni intensive”.
In questi territori, descritti dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni come la “locomotiva economica d’Italia”, il suo governo ha delineato una visione di crescita che vede il Sud come terreno ideale per un turismo sia di massa che di lusso. Ma si tratta davvero di sviluppo sostenibile, o piuttosto di un terreno fertile per investimenti d’élite a scapito del locale e dell’integrità ambientale? Gianfranco Viesti, professore di Economia applicata presso il dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Bari, avverte: “Ho un giudizio molto negativo sulla possibilità che questi investimenti possano essere autorizzati in deroga alle disposizioni di pianificazione comunali e regionali. In questi casi non si tratterebbe di semplificazione, ma di autorizzazioni concesse che invece dovrebbero essere negate.” Il risultato, dunque, potrebbe essere qualcosa di insostenibile e inadatto alle esigenze specifiche del territorio, con il rischio che questi investimenti non tengano conto dei limiti idrici locali o delle normative regionali in materia di pianificazione.
Il sito del progetto parla di “integrazione con il territorio”, di fatto, però, una strada comunale pubblica sarà chiusa, osserva Angelo Chiego. “Più integrazione di così è impossibile”, commenta con ironia. Nel settembre 2024, la Regione Puglia ha sospeso l’approvazione del resort, citando l’assenza di valutazioni ambientali e paesaggistiche adeguate, valutazioni che, grazie al meccanismo Zes, il progetto aveva potuto bypassare. Al centro della controversia vi è l’impatto ambientale di campi da golf, piscine, laghi artificiali e giochi d’acqua, tutte infrastrutture che richiedono enormi quantità di risorse idriche in una regione già colpita da siccità cronica. Il caso della Maviglia riflette una tendenza più ampia: l’espansione del turismo di lusso sotto la bandiera del progresso economico.
Le campagne di marketing spesso dipingono queste destinazioni come paradisi incontaminati. Eppure, la costruzione di resort recintati, campi da golf e ville private finisce per erodere l’ambiente e aumentare la pressione sulle risorse idriche ed energetiche. Man mano che l’esclusività cresce per i viaggiatori benestanti, i residenti locali devono affrontare la scarsità di risorse. La domanda fondamentale resta: qual è il vero costo del lusso, e chi finisce per pagarlo?
Questo articolo è stato pubblicato in collaborazione con Magma Magazine.