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Michele Vadilonga Gattermayer
Sull’altare del futuro siamo tutti sacrificabili

Sull’altare Del Futuro Siamo Tutti Sacrificabili Cover Gattermayer
clima filosofia politica

La filosofia preferita della Silicon Valley, il lungotermismo, si sta diffondendo anche in Italia, tra gruppi universitari, ONG filantropiche e personaggi legati all’estrema destra. Si presenta come un modo razionale per dissipare l’incertezza in un’epoca priva di prospettive, ma è una teoria pericolosa, pronta a sacrificare ogni cosa in nome dell’avvenire.

“Di doman non c’è certezza” cantava Lorenzo de’ Medici più di cinquecento anni fa. L’ultimo rapporto di Ipsos sui giovani italiani gli dà ragione: quasi il 40% degli intervistati, tra i 16 e i 26 anni, si dichiara pessimista riguardo al proprio futuro. L’ordine globale sembra ogni giorno più vicino al collasso, e i giovani vivono un momento di angoscia esistenziale che emerge da profonde incertezze politiche, ecologiche e sociali e li spinge a cercare risposte e palliativi”.

Nel lungo termine siamo tutti morti” diceva Keynes. Ecco, i lungotermisti non sono d’accordo. Ultimi eredi della tradizione utilitarista, per la loro filosofia la priorità morale del nostro tempo è garantire il benessere dell’umanità del futuro a lungo termine. Data l’etica matematica e razionalista su cui si fonda, la vita di chi verrà dopo vale quanto la nostra oggi. Il futuro immaginato dai lungotermisti di Oxford si espande su migliaia se non miliardi di anni. Il numero delle persone future è il valore da proteggere, salvaguardando l’umanità dai “rischi esistenziali”, minacce in grado di estinguerci e avverare la profezia di Keynes. Le discussioni su quali siano i rischi esistenziali sono aperte: c’è chi punta sul riscaldamento globale e chi, come Toby Ord, non lo reputa una priorità dato che è improbabile che generi una completa estinzione dell’umanità. Altri pensano a un’ intelligenza artificiale ostile e altri ancora scommettono su pandemie ingegnerizzate fuori controllo. 

I primi ad abbracciare il lungotermismo sono stati i grandi miliardari della Silicon Valley. Elon Musk, per esempio, si racconta come garante e custode del futuro dell’umanità e ha costruito la sua immagine pubblica sulla figura del “genio miliardario playboy filantropo”. Come l’Iron Man di Robert Downey Jr., infatti, è ricco, eccentrico e ama il centro dell’attenzione, anche se per ora privo di armatura volante. . Si presenta come un tecnocrate ottimista e visionario, il salvatore dell’umanità da sé stessa con un’unica priorità: fare il bene del genere umano realizzandone il potenziale a lungo termine. E cosa potrebbe essere meglio di un’umanità multiplanetaria e intergalattica? Il suo impero risponde proprio a questo progetto: SpaceX vuole colonizzare Marte come “assicurazione esistenziale” contro potenziali catastrofi sulla Terra, Neuralink è un’arma preventiva per rendere gli umani competitivi nel caso emerga un’IA “ostile”. Anche l’acquisizione di X è raccontata come l’unico modo per garantire la libertà di espressione di fronte alla follia censoria del woke

La fondazione di nuove città autogestite come Starbase e di scuole elitarie come Astra Nova, culla di talenti incaricati – insieme a Musk – di difendere l’umanità dai rischi esistenziali, fanno parte della stessa fanatica missione: controllare e garantire il futuro. Mentre gli studenti di Astra Nova vengono educati a proteggere il futuro, lo spazioporto di Starbase aggira le leggi di protezione ambientale riempiendo di acque reflue, detriti di razzi e inquinamento acustico i parchi e riserve naturali alla foce del Rio Grande. Che quasi tutti i cittadini di Starbase, neosindaco incluso, siano dipendenti di SpaceX, e che Astra Nova sia frequentata dai figli di Musk e dei suoi dipendenti, sono solo curiose coincidenze. 

“Ultimi eredi della tradizione utilitarista, per la filosofia lungotermista la priorità morale del nostro tempo è garantire il benessere dell’umanità del futuro a lungo termine”.

Ormai di moda nella Silicon Valley, nelle università anglosassoni e nei salotti di ONG filantropiche, il lungotermismo si sta diffondendo anche in Italia, tra associazioni in rapida crescita  e gruppi d’interesse con grande potere economico e politico.

Il protagonista dell’ascesa del movimento in Italia è l’altruismo efficace (AE), la corrente filosofica da cui il lungotermismo è derivato nel 2020. “Viviamo in un mondo pieno di problemi e penso che siamo in grado di risolverli! Ma deve esserci la volontà di farlo”, mi dice, camminando sul tapis roulant della sua walking desk, Luca Stocco, uno dei fondatori dell’associazione Altruismo Efficace Italia. 

“L’AE è l’unione di due progetti: trovare il modo più efficace di fare del bene e poi metterlo in pratica”. L’idea è che ci sia una grande voglia di fare del bene ma, a causa della scarsa attitudine ai metodi razionali e scientifici necessari per calcolare l’impatto del proprio altruismo, si finisca per essere inefficienti e fare meno bene di quanto sarebbe possibile. 

Attraverso progetti filantropici, finanziamenti a enti di ricerca e think tank, e propaganda sul territorio, il mondo dell’AE in Italia oggi conta gruppi attivi a Milano, Torino, Bologna, Pisa e Roma. Anche se privo di una grande tradizione alle spalle, il movimento riesce a convincere sempre più giovani, spinti dalla volontà di trovare un ordine e una speranza di fronte alla precarietà del futuro. Si presenta come un contenitore di senso e riesce a raccogliere studenti universitari sia da percorsi umanistici che scientifici, ma anche lavoratori – soprattutto del mondo tech – con la promessa di una prospettiva futura. Un lavoro allineato ai propri valori, un impatto sul mondo positivo e misurabile, poco spazio all’incertezza e al caso. 

“Vedo molte persone della mia generazione frustrate dal fatto che non trovano significato nel loro lavoro, pensano di non poter avere alcun impatto sul mondo. Io mi sento estremamente fortunato per essere riuscito a creare una realtà in cui il mio lavoro è allineato ai miei valori”, continua Stocco senza smettere di camminare. È una questione generazionale ad averlo convinto, l’idea che serva una prospettiva di futuro per i giovani disillusi e scoraggiati: “Vedo molti coetanei che fanno fatica a trovare un senso nella propria vita e nel proprio lavoro”.

Classe 1999, Stocco ha conosciuto l’altruismo efficace nel 2022, quando studiava filosofia politica a Milano. Poco dopo ha fondato un gruppo universitario dove, tra incontri, gruppi di discussione e di lettura si è creato uno dei primi nuclei italiani da cui è poi nata l’associazione Altruismo Efficace Italia. Scoprire l’AE è stato una svolta per lui, “un giovane spaesato che stava cercando di capire cosa fare nella sua vita”. 

Fare del bene si può, sia nel presente che nel futuro. Eliminare l’incertezza tramite il calcolo scientifico, gestire razionalmente l’economia e la politica per massimizzare l’impatto delle proprie azioni e controllare il futuro grazie alla tecnica e alla ragione: questi gli strumenti per realizzare il potenziale dell’umanità. L’AE vuole portare a compimento, in un’epoca di dubbi e oscurità, il progetto illuminista. “Secondo me l’Italia è pronta. Possiamo fare grandi cose”, le parole con cui Stocco chiude la nostra chiacchierata hanno il tono un appello politico.

“Il lungotermismo si rivela una pericolosa teoria del sacrificio innestata su un paradosso: per fare il bene dell’umanità a lungo termine, bisogna fare il bene dei miliardari a breve termine”.

Sarebbe un errore sottovalutare l’influenza e il potere dell’AE per via della sua diffusione ancora limitata. Il gruppo è supportato e finanziato dalle maggiori organizzazioni filantropiche mondiali, come Open Philantropy o Gates Foundation, ma anche da grandi capitalisti come Musk, Peter Thiel e Sam Altman.

Fuori dall’AE, i toni del lungotermismo tornano vicini al mondo neo-reazionario della destra mondiale e figure come Musk riacquisiscono il ruolo di “garanti del futuro”. Questo lungotermismo politico in Italia è ben rappresentato da Andrea Stroppa. Trentun anni, un passato da hacker e perito elettronico, non è solo collaboratore e amico personale di Musk, ma è anche il ponte tra lui e il governo italiano. Suo “referente in Italia”, sostiene di essere stato lui a presentarlo a Meloni, coordinando gli incontri e le trattative tra i due. 

L’opinione su Musk non è unanime all’interno di questi gruppi. Senza sbilanciarsi troppo sulla visione filosofica del miliardario, Stocco non ha usato mezzi termini nel condannare le sue azioni: “Prendiamo solo il caso degli aiuti internazionali. Solo con il taglio del PEPFAR, l’iniziativa statunitense contro l’HIV, penso che Musk sia già responsabile di migliaia di morti. Nemmeno con una grande immaginazione queste azioni rientrano in un’ottica di fare del bene in modo efficace”.

Per Stroppa, invece, Musk è il protettore del futuro che va supportato a ogni costo, addirittura vicino “alla figura di Cristo”, come ha dichiarato a «il Foglio». “Il superpotere di Elon è l’abilità di infondere ottimismo per il futuro”, si legge sul suo X.  –, Il tono di Stroppa è eccentrico e rumoroso, a tratti fanatico, ma non deve farci sottovalutare la sua influenza politica, fatta di confronti diretti con i più grandi industriali italiani, il governo e, stando alle sue dichiarazioni, anche alti ranghi dell’esercito. Il lungotermismo politico si è legato all’estrema destra di Musk e di Meloni, in uno strano ma compatto connubio di futurismo e nostalgia politica.

A partire da Hans Jonas e John Rawls, il prendersi cura delle generazioni future non è un tema originale nella storia delle idee. Tuttavia, il modo in cui il lungotermismo struttura questa priorità morale, così come il fanatismo delle sue incarnazioni, lo rendono una filosofia pericolosa.

Il benessere è calcolato secondo un’etica iper-razionalista e volutamente cieca all’empatia, “pessima guida morale” in quanto “ingiusta, parziale, miope e matematicamente inetta” come ha scritto Stocco nel suo blog. Se la priorità è  la sopravvivenza dell’umanità di un lontanissimo futuro, c allora il presente può passare in secondo piano. Sull’altare del futuro, ogni cosa può essere sacrificata: la democrazia, le minoranze, la Terra stessa. Lo si legge a chiare lettere nella vicinanza con le politiche antidemocratiche e identitarie di molti tech bros e nella devastazione ambientale di cui sono responsabili le loro aziende. La fascinazione per le teorie apocalittiche di Thiel, che esita quando il «New York Times» gli chiede se la sopravvivenza dell’umanità sia qualcosa di positivo, non è che un esempio della pericolosità del lungotermismo. I risolutori del futuro si fanno giudici del presente, attori con uno strapotere economico e politico per i quali non esistono linee rosse. 

Per i lungotermisti, risolvere il futuro vuol dire conoscerne i segreti, calcolare le soluzioni più efficaci, dissipare ogni incertezza e controllare il corso della storia. La conoscenza tecnico-scientifica, neutrale e razionale, è la chiave per fare il bene a lungo termine dell’umanità, e allora dobbiamo accettare che non siamo uguali, che le valutazioni degli “esperti” valgono più di qualsiasi democrazia. In questo grottesco teatro del futuro, i miliardari si sono messi i panni di guardiani dell’umanità grazie alle loro conoscenze e al loro potere e raccolgono attorno a sé giovani seguaci, ammaliati dalla promessa di un futuro migliore, risolto. 

Il lungotermismo si rivela una pericolosa teoria del sacrificio innestata su un paradosso: per fare il bene dell’umanità a lungo termine, bisogna fare il bene dei miliardari a breve termine. 

Michele Vadilonga Gattermayer

Michele Vadilonga Gattermayer è filosofo politico comunicatore scientifico. Nato a Cagliari nel 1999, ha studiato a Cagliari, Milano e Trieste. È appassionato di intersezioni tra scienza e società e di comunicazione nelle sue varie forme, dal giornalismo scientifico, alla narrativa, all’arte di strada.

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