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Laura Tripaldi
Una mente fatta di seta

Una Mente Fatta Di Seta Cover Tripaldi
animali tecnologia

La tela del ragno è una tecnologia vivente intessuta da centinaia di milioni di anni di evoluzione reciproca. La materia, il comportamento e l'intelligenza della sua trama sono un paradigma anche per noi.

Non sapremo mai cosa si prova a essere un ragno ma, se provassimo a immaginarlo, la seta avrebbe un ruolo centrale. La storia della seta del ragno inizia oltre 400 milioni di anni fa, durante i quali animale e materiale si sono trasformati a vicenda in modi molteplici e inattesi. L’aracnologo Fritz Vollrath ha scritto molto al riguardo, mostrando come la loro storia tenda a sovvertire alcuni preconcetti sull’evoluzione delle specie. Di solito, sostiene Vollrath, si ritiene che l’evoluzione dell’anatomia preceda quella del comportamento; i ragni, invece, sembrano indicare l’opposto. Nel loro caso sembra sia stato il comportamento, ovvero la tessitura della tela, a orientare l’evoluzione del corpo, al punto che l’intera fisiologia del ragno risulta inestricabilmente intrecciata all’atto del tessere. Sotto questo aspetto esiste un’interessante analogia tra ragni e umani. Secondo diverse teorie, anche l’anatomia della mano umana sarebbe il risultato di un feedback tra morfologia, comportamento e pressioni ambientali: un fenomeno noto in biologia come “effetto Baldwin”. La manipolazione di oggetti, in altre parole, avrebbe determinato la forma delle nostre mani (e, si potrebbe sostenere, della nostra mente) tanto quanto le mani hanno modellato i nostri primi strumenti.

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Fossile di aracnide del Cretaceo medio in ambra. (Huang et al. 2018)

La relazione tra il ragno e la sua tela è profondissima, e ha permesso a questi animali di adattarsi a un’infinità di ecosistemi fino a diventare tra i predatori più affermati del pianeta. Basti pensare che, secondo alcune stime, la biomassa complessiva delle prede catturate annualmente nelle tele sarebbe paragonabile a quella di tutti gli esseri umani viventi. 

Da qui sorge una domanda più ampia: possiamo considerare la seta una forma di tecnologia? La risposta dipende, naturalmente, dal significato che attribuiamo a questa parola.

Nel suo ultimo libro Vivere sulla Terra, il filosofo Peter Godfrey-Smith propone una distinzione tra le modifiche intenzionali dell’ambiente come, ad esempio, le dighe dei castori, e i sottoprodotti di processi metabolici, come l’ossigeno prodotto dalle alghe. Alla luce di questa distinzione, la tela del ragno appare certamente più vicina a un’opera di ingegneria che a un sottoprodotto metabolico.
Ogni ragno può produrre fino a sette diversi tipi di seta, ciascuno con le sue specifiche proprietà e funzioni, che variano da specie a specie. Per esempio, Argyroneta aquatica, o “ragno palombaro”, utilizza una sottile trama di seta idrorepellente per catturare una bolla d’aria che impiega per respirare sott’acqua, dove trova le sue prede. I ragni Linyphiidae non tessono tele complesse ma utilizzano lunghi fili di seta per volare coprendo grandi distanze, un fenomeno noto come ballooning. I ragni Deinopis (noti anche come “ragni pescatori” o “ragni dalla faccia d’orco”) tessono piccole reti tra le zampe anteriori che lanciano dall’alto sulle prede per intrappolarle, mentre alcuni del genere Cyclosa (nelle Filippine e in Perù) usano la seta per assemblare i resti delle loro prede in simulacri la cui funzione, probabilmente mimetica o predatoria, non è ancora del tutto chiara.

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Il ragno palombaro (Argyroneta aquatica) e la sua campana di seta subacquea. Credit: Stefan Hetz

Se la seta del ragno può essere considerata una forma di tecnologia non-umana, si tratta senz’altro di una tecnologia molto diversa dai nostri strumenti abituali. La struttura molecolare della seta è complessa e altamente variabile, non solo da specie a specie ma anche tra individui della stessa specie. Si potrebbe definire un materiale “ecologico”, nel senso che è profondamente accordata con l’ambiente in cui si sviluppa. È stato infatti osservato che le proprietà della seta sono più strettamente correlate alla funzione ecologica che svolgono che non alla vicinanza evolutiva tra le specie. Ragni non imparentati tendono a convergere verso strutture simili, ottimizzate da un medesimo scopo: dato significativo perché mostra come la seta possa evolvere molto rapidamente, permettendo ai ragni di colonizzare e adattarsi a nuove nicchie. 

La seta del ragno è una proteina: una lunga catena di amminoacidi la cui sequenza determina la struttura del materiale su diverse scale. Ogni tipologia possiede una sequenza caratteristica, evolutasi per raggiungere le proprietà meccaniche ottimali in relazione allo scopo: dalla stabilità strutturale della ragnatela alla cattura degli insetti, fino alla protezione delle uova. Le sete più sorprendenti sono quelle prodotte dai ragni Araneomorfi (la grande sottofamiglia che comprende le specie costruttrici di tele circolari e verticali a noi più familiari) per tessere l’impalcatura della rete. Questo materiale, chiamato “seta ampullacea maggiore”, presenta una combinazione unica in natura di resistenza meccanica e flessibilità, determinata da una struttura molecolare che alterna segmenti soffici ed estensibili ad altri rigidi e cristallini. La resistenza, d’altra parte, è soltanto una, e forse la meno interessante, tra le caratteristiche che rendono la seta del ragno così singolare.

Un gruppo di scienziati ha recentemente proposto di riconoscere una nuova classe di materiali sotto la categoria di Intelligent Soft Matter (ISM), la quale rappresenta innanzitutto un nuovo paradigma teorico per concettualizzare l’“intelligenza dei materiali”, così da orientare la ricerca futura oltre il paradigma limitato dei cosiddetti smart materials, la cui risposta è rigidamente vincolata a uno stimolo esterno, e aprire invece alla possibilità di comportamenti autenticamente cognitivi. Si tratta di un ambito di ricerca interdisciplinare che coinvolge chimica, fisica, ingegneria e neuroscienze. Questi materiali sono caratterizzati da una serie di capacità fondamentali, ossia percezione, memoria e apprendimento, capacità di agire, capacità di comunicare e controllo distribuito.

Un materiale rientra nella categoria dell’ISM se è in grado di percepire segnali dal proprio ambiente e se possiede una forma, per quanto rudimentale, di memoria in grado di influenzare i comportamenti futuri. Inoltre deve poter agire (cioè generare un cambiamento misurabile delle proprie proprietà in risposta a uno stimolo, come nel concetto di actuation in robotica) ed essere capace di regolare queste azioni attraverso una rete decentrata di elementi in costante interazione tra loro e con l’ambiente esterno.

La seta dei ragni sembra soddisfare molti dei criteri dell’ISM. È in grado di modulare la propria risposta meccanica in funzione dell’ambiente, ad esempio assorbendo l’urto delle prede grazie a un fenomeno noto come “isteresi”. Inoltre, la seta è in grado di auto-organizzarsi e può, in molti casi, ripararsi autonomamente. In alcuni tipi, quando esposta all’acqua, la seta manifesta un comportamento conosciuto come “supercontrazione”: si accorcia e si irrigidisce, evitando così di rompersi sotto il peso della pioggia. Questo meccanismo, tra l’altro, è stato già sfruttato in diverse tecnologie, dai sensori alla robotica soffice. 

Per quanto la seta del ragno sia di per sé un materiale straordinario, la sua “intelligenza” si manifesta al massimo grado nell’incontro con l’animale che la produce. Uno degli aspetti più interessanti di questo incontro è l’intreccio cognitivo tra materiale e organismo, studiato dai biologi Hilton Japyassú e Kevin Laland. Nell’articolo Extended spider cognition (2017), gli autori sostengono che il ragno sia uno dei pochi esempi, oltre agli umani, a cui si possa applicare la nozione di “mente estesa” proposta da Andy Clark e David Chalmers in un celebre articolo del 1998. Japyassú e Laland mostrano che, così come gli esseri umani utilizzano strumenti tecnologici come estensione della propria mente, anche il ragno si serve della seta come amplificatore e mediatore del proprio orizzonte cognitivo. Nonostante i sensi di molte specie di ragni siano relativamente poco sviluppati, la seta trasmette vibrazioni che l’animale è in grado di interpretare come un linguaggio: è così che distingue i movimenti di una preda catturata, i passi di un predatore o la danza di un partner durante l’accoppiamento.

Sembra esserci una stretta reciprocità tra la struttura materiale della ragnatela e quello che potremmo chiamare lo “stato cognitivo” del ragno. Japyassú e Laland evidenziano, ad esempio, la capacità dei ragni di modificare la tensione dei fili della tela, accordandola come uno strumento per amplificare le informazioni ricevute dall’ambiente. I ragni affamati tendono maggiormente i fili per assicurarsi di percepire anche le vibrazioni più deboli, mentre un ragno sazio costruisce tele meno sensibili, in grado di filtrare gli stimoli superflui. Un recente studio sul ragno Agelenopsis pennsylvanica ha mostrato che i ragni che abitano in ambienti urbani producono tele più “insonorizzate” rispetto ai loro cugini di campagna. La ricerca mostra che i ragni sono in grado di modulare la trasmissione delle vibrazioni in base al livello di rumore circostante, prevenendo il sovraccarico sensoriale tipico degli ambienti urbani e ottimizzando invece la ricezione dei segnali rilevanti in contesti rurali.Simili ricerche si pongono in evidente continuità con il primo, celebre, studio che esplorò la relazione tra la mente del ragno e la sua ragnatela, condotto dalla NASA negli anni Settanta, che rivelò una sorprendente correlazione tra l’architettura della tela e l’assunzione da parte dei ragni di diverse sostanze psicoattive.

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Effetto di diverse droghe sulla tela del ragno. Adattata da https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1002/bs.3830160109

Da questi e altri comportamenti emerge un quadro in cui la seta del ragno, nella sua complessità materiale, incarna una relazione con la tecnologia di straordinaria rilevanza. Per il ragno, la seta è più di un semplice strumento: è una compagna evolutiva, un’interfaccia cognitiva e la mediatrice di una specifica esperienza del mondo. Nel suo recente saggio Bacteria to AI: Human Futures With Our Nonhuman Symbionts, la studiosa Katherine Hayles ha proposto il concetto di “tecnosimbiosi” per descrivere la relazione sempre più intima tra esseri umani e tecnologie, in particolare le intelligenze artificiali: l’intelligenza umana si intreccia in modo inestricabile con quella tecnologica, e dà origine a quelli che Hayles definisce “assemblaggi cognitivi”. Secondo l’autrice, il rapporto tra umano e tecnologia è segnato da una reciprocità evolutiva: non solo l’essere umano ha modellato i propri strumenti, ma questi hanno a loro volta partecipato attivamente alla nostra evoluzione biologica e cognitiva, rendendo qualsiasi gerarchia rigida tra umano e tecnologia del tutto inconsistente.

L’idea di “simbiosi” (introdotta negli anni Settanta da Lynn Margulis per descrivere l’associazione fortuita e solidale tra diversi microrganismi e che fu alla base dell’evoluzione degli eucarioti) diventa così un paradigma più ampio, capace di illustrare la nostra co-evoluzione con la tecnologia. Il ragno rappresenta un ottimo modello non-umano di tecnosimbiosi, che ci mostra come un organismo possa sopravvivere ed espandere le proprie possibilità solo costruendo un rapporto intimo e reciprocamente trasformativo con i propri “strumenti”. A rendere il ragno un caso esemplare di tecnosimbiosi è anche la natura della tecnologia che sostiene questo rapporto: una tecnologia incarnata, soffice, prodotta dal corpo e a esso continuamente legata, capace di rispondere con intelligenza all’ambiente e di modificarsi attivamente all’interno di un dialogo ecologico con il mondo che la circonda.

Laura Tripaldi

Laura Tripaldi è ricercatrice presso il Center for AI & Culture della New York University di Shanghai. All’intersezione tra filosofia, scienza, e pensiero speculativo, la sua ricerca si concentra sulla materialità delle tecnologie emergenti. Ha un dottorato di ricerca in Scienza e Nanotecnologia dei Materiali ed è autrice di numerose pubblicazioni italiane ed internazionali. Tra queste, i libri Menti parallele (effequ, 2020, tradotto in Inglese e Spagnolo) e Gender Tech (Laterza, 2022).

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