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Danilo Zagaria
Davvero i funghi costruiscono autostrade?

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biologia natura Scienza

Più studiamo le reti fungine sotterranee, più facciamo scoperte meravigliose. Ma le metafore antropomorfiche che usiamo per descriverle rischiano di stravolgerne il senso.

Durante una passeggiata nei boschi non è raro imbattersi nei cosiddetti “cerchi delle streghe”. Si tratta di funghi che spuntano dal terreno in una curiosa formazione ad anello, presenti anche nelle tradizioni e nelle leggende del folklore di diversi paesi. Il motivo di una tale disposizione risiede sottoterra e si chiama micelio. È il fungo vero e proprio – una ragnatela composta da minuscoli filamenti, detti ife – che in casi come questo cresce in modo radiale, verso l’esterno. Il risultato è che i corpi fruttiferi dell’organismo, quelli che noi chiamiamo impropriamente funghi, si dispongono lungo il fronte di crescita, un cappello accanto all’altro, in cerchio.

Formazioni di questo tipo non sono le uniche meraviglie di cui il micelio è capace. I suoi reticoli attraversano il sottosuolo degli ecosistemi in una costante esplorazione, propagando l’organismo in lungo e in largo, fra radici degli alberi e microrganismi, nutrienti del suolo e sostanza organica in fase di decomposizione. Il micologo inglese Merlin Sheldrake, nel suo saggio di grande successo L’ordine nascosto. La vita segreta dei funghi (Marsilio, 2020), descrive così la natura delle reti che i funghi costruiscono ovunque, dal sottosuolo alle nostre case, dalle discariche alle sorgenti sulfuree sui fondali degli oceani:

Il micelio è un tessuto connettivo ecologico, una linea di sutura vivente che mette in relazione gran parte del mondo. […] Secondo alcune stime, se si dipanasse da un capo all’altro il micelio presente in un grammo di terriccio – pari circa a un cucchiaino da tè – sarebbe lungo da un minimo di cento metri a un massimo di dieci chilometri. Nella pratica, però, è impossibile misurare quanto davvero il micelio pervada ogni struttura, sistema o abitante della Terra: la sua trama è troppo fitta. Il modello di vita del micelio sfida la nostra immaginazione di animali.

Come se questo non bastasse, il micelio è anche protagonista di una simbiosi antica e di grande successo, forse la più diffusa sul pianeta. Le ife dei funghi e le radici delle piante da circa 450 milioni di anni si associano nelle cosiddette micorrize, per lo più invisibili agli occhi umani perché sottoterra. Queste unioni sono le “infrastrutture” che permettono uno scambio reciproco e vantaggioso tra i due organismi coinvolti. Le piante acquisiscono nutrienti come fosforo e azoto che i funghi assorbono dal suolo, mentre i funghi si accaparrano parte del carbonio che le piante producono con la fotosintesi. L’importanza di questo commercio sotterraneo diventa palese se guardiamo numeri e specie coinvolte. Secondo stime recenti, fra 320.000 e 340.000 specie vegetali possono dare origine a micorrize, fra queste alberi, arbusti ed erbe, ma anche colture fondamentali per la nostra sussistenza, come riso, grano, mais, patate e pomodori. Per quanto riguarda i funghi, siamo a conoscenza di circa 50.000 specie in grado di associarsi alle radici vegetali.

Dato che funghi e piante hanno avuto molto tempo per sperimentare nuovi tipi di collaborazione, oggi sulla Terra sono presenti diverse tipologie di micorrize, fra cui spiccano quelle cosiddette arbuscolari (note anche come AM), che coinvolgono più del 70% delle specie vegetali in gioco. Si tratta di strutture sorprendenti, in cui le ife dei funghi prendono contatto con le radici delle piante per poi inserirsi al loro interno, in piccoli grovigli ramificati (detti, appunto, arbuscoli) all’interno delle cellule vegetali. Si tratta di strutture che negli ultimi decenni hanno attirato sempre più l’attenzione degli scienziati, dato che le applicazioni, soprattutto in campo agricolo, sono a dir poco fondamentali. Anche se molti interrogativi restano ancora senza risposta, oggi conosciamo diversi aspetti cruciali della simbiosi, per esempio la comunicazione chimica che piante e funghi si scambiano e la componente genetica che consente la formazione e il funzionamento di questo specifico tipo di micorriza.

Lo scorso gennaio, sulla rivista «Nature», sono stati esposti i risultati di una ricerca coordinata dall’esperta di reti fungine Loreto Oyarte Gálvez dedicata a un altro aspetto delle micorrize arbuscolari. In che modo i funghi costruiscono e gestiscono le reti miceliari per soddisfare i loro “bisogni commerciali”? Si tratta di un aspetto cruciale, dato che questi organismi hanno bisogno del carbonio delle piante per sopravvivere e quindi non possono permettersi di esplorare il sottosuolo alla ricerca di radici senza ottimizzare il processo. Per scoprire come ci riescono, i ricercatori hanno mappato il comportamento esplorativo di tre specie di funghi posti all’interno di alcune piastre di Petri (i recipienti in cui è possibile coltivare e studiare in laboratorio diversi organismi) in compagnia di alcune radici di carota. Grazie alle immagini catturate da uno speciale robot, sono riusciti a ottenere dei grafici molto accurati dai quali è possibile analizzare il “design” della rete costruita dal fungo (in gergo, la sua topologia) e come essa si evolve nel tempo e nello spazio. Hanno anche misurato il flusso di nutrienti e carbonio all’interno del micelio durante la sua attività esplorativa alla ricerca del partner vegetale.

I risultati discussi nell’articolo paiono sorprendenti. È emerso che le reti costruite dai funghi si comportano in modo assai curioso durante la loro attività di propagazione. Contrariamente a microrganismi come i batteri, la cui diffusione dipende fortemente dalle risorse a disposizione nei dintorni, nel caso dei funghi che danno origine a micorrize arbuscolari l’esplorazione avviene tramite quelle che i ricercatori hanno chiamato «self-regulating travelling waves», onde di propagazione sotto il diretto controllo del fungo. Inoltre, è sempre il fungo a gestire l’impiego del carbonio che ha ottenuto dalla pianta grazie alla simbiosi.

L’impiego di un vocabolario umano per descrivere i processi vitali di organismi molto diversi e filogeneticamente lontani da Homo sapiens è un problema molto diffuso tanto nella ricerca quanto nella divulgazione.

A prima vista, questa modalità di diffusione regolata potrebbe sembrare ovvia. Non è così però se consideriamo altre evidenze emerse dallo studio. La propagazione di questi funghi, infatti, cambia nel tempo e nello spazio, e mostra investimenti di energia all’apparenza ponderati. Per esempio, durante la loro ramificazione i funghi coinvolti nell’esperimento non hanno prodotto spore per la riproduzione in modo massiccio, così da bilanciare di volta in volta l’investimento energetico fra riproduzione e crescita. Una tendenza che è stata notata anche durante la misurazione del flusso dei nutrienti all’interno del reticolo fungino e che rifletterebbe alcune caratteristiche tipiche del modo in cui noi esseri umani progettiamo strade ad alta percorrenza.

Questa ricerca, alla quale «Nature» ha dedicato la copertina, è stata già definita rivoluzionaria. Tuttavia, Paola Bonfante, professoressa emerita di biologia vegetale all’Università di Torino, esprime qualche dubbio in merito. Contattata da Lucy, ha dichiarato: «Da una parte il lavoro conferma l’enorme e innovativo contributo che IA, tecnologia e modellistica possono dare a sistemi biologici che i ricercatori studiano da più di 150 anni, dall’altro rivela una tendenza alla generalizzazione di concetti ecologici». Bonfante, una vera pioniera negli studi sulle micorrize, non è convinta di ciò che gli autori hanno usato come soggetto dello studio per ricreare in laboratorio l’associazione fra funghi e ospite, cioè le radici di carote.

«L’interazione nutrizionale fungo-pianta è molto artificiale e critica perché manca il sistema fotosintetico e l’ospite non viene considerato del tutto, essendo limitato alle radici. Il fungo, che gli autori considerano una “open pipeline”, viene splendidamente caratterizzato dalla crescita a onde, ma non si capisce come questa crescita possa avvenire in una dimensione tridimensionale come quella del suolo e se questa crescita corrisponda a qualche processo morfogenetico del fungo che è dentro la radice e con cui esiste obbligatoriamente una continuità». Infine, chiosa Bonfante, «le conclusioni dello studio (dalla capacità dei funghi di operare decisioni alla somiglianza della rete con le strade che gli uomini costruiscono) sono accattivanti, scritte benissimo, ma riflettono la forte tendenza di una parte degli autori all’uso di metafore antropocentriche».

L’impiego di un vocabolario umano per descrivere i processi vitali di organismi molto diversi e filogeneticamente lontani da Homo sapiens è un problema molto diffuso tanto nella ricerca quanto nella divulgazione. Il rischio di snaturare l’operato di batteri e piante, animali e funghi è molto alto, soprattutto nel momento in cui si tenta di raccontare aspetti tecnici e difficili al grande pubblico. Fra gli organismi che spesso subiscono questo trattamento, oltre alle ormai note “piante intelligenti”, ci sono appunto i funghi e altri organismi curiosi, fra cui Physarum polycephalum, spesso identificato come blob o fungo mucillagginoso (pur non essendo un fungo). Essendo capaci di muoversi in modo sorprendente all’interno dei labirinti in cui gli scienziati amano collocarli, questi bizzarri organismi – ammassi di cellule racchiusi da una membrana – mostrano capacità che sfidano le nostre categorie e mettono in evidenza la necessità di rinnovare la lingua che usiamo per descrivere l’altro da noi. Lingua che, lo abbiamo visto, fa ancora più fatica quando di fronte abbiamo associazioni complesse tra più organismi (le simbiosi micorriziche), strutture peculiari (il micelio) e metodi di propagazione che dobbiamo ancora comprendere a fondo.

Danilo Zagaria

Danilo Zagaria è biologo, divulgatore scientifico e redattore editoriale. Scrive di libri, scienza e animali su diverse testate, fra cui «La Lettura» del «Corriere della Sera». Il suo sito personale è La Linea Laterale. Nel 2020 ha fondato la rivista letteral-scientifica «Axolotl». Con add editore ha pubblicato In alto mare. Paperelle, ecologia, Antropocene, finalista dell’edizione 2023 del Premio letterario Galileo per la divulgazione scientifica, e Il groviglio verde. Abitare le foreste dal Mesozoico alla fantascienza.

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