Durante la Guerra fredda, gli USA sconfissero l'URSS su un campo di battaglia extraterrestre: la Luna. Poi entrambe le superpotenze se ne disinteressarono, ma oggi il nostro satellite è di nuovo conteso e rischia di diventare un teatro bellico.
Il 20 ottobre 1957 l’Unione Sovietica sconvolse il mondo lanciando in orbita lo Sputnik, il primo satellite artificiale della storia. Questo evento segnò un epocale vantaggio russo nella Guerra fredda, e fu presto seguito dal primo volo di Gagarin e da altri successi sovietici nello spazio. Gli USA decisero di cambiare strategia: invece di inseguire l’URSS, l’avrebbero scavalcata, e si posero un obiettivo pazzesco, impensabile: inviare entro pochi anni esseri umani sulla Luna. Il 20 luglio 1969 l’obiettivo fu raggiunto: due astronauti americani camminarono per un paio d’ore sulla superficie lunare, ammirati in diretta televisiva da oltre un miliardo di persone. Un’impresa ancora oggi incredibile e forse irripetibile.
1. La Luna dimenticata
I sovietici non si rialzarono più da questa sconfitta. Abbandonarono il programma lunare e si concentrarono su altre attività spaziali. La rinuncia sovietica tolse all’opinione pubblica e soprattutto ai politici americani l’interesse per la Luna. Il programma Apollo fu definitivamente cancellato nel 1972. I politici avevano ottenuto la loro vittoria spaziale, era ora di tornare a condurre la Guerra fredda sulla Terra. La Luna non dava nessun vantaggio militare, meglio concentrarsi sui satelliti spia. Le rocce lunari riportate dagli astronauti delle varie missioni Apollo non contenevano minerali preziosi, e persino gli scienziati preferirono orientarsi verso nuovi obiettivi, come i pianeti lontani, le stelle e le galassie. Fu così che per decenni le missioni spaziali verso la Luna scomparvero quasi completamente.
2. Ritorno al futuro
All’inizio del nuovo millennio il vento è cambiato. Ha cominciato la Cina, la più giovane tra le potenze spaziali, con il programma Chang’e di esplorazione robotica della Luna, che a partire dal 2007 ha raggiunto obiettivi sempre più ambiziosi. Sonde cinesi sono entrate in orbita attorno alla Luna, sono atterrate sulla sua superficie, hanno riportato sulla Terra frammenti di suolo lunare; sono atterrate persino sulla faccia nascosta della Luna, riportando sulla Terra anche campioni raccolti in quelle regioni inesplorate. Una serie di successi importanti dal punto di vista scientifico, ma soprattutto da quello tecnologico: con Chang’e la Cina ha dimostrato di avere non solo raggiunto la maturità nella tecnologia spaziale, ma si è portata in vantaggio, anche rispetto agli USA. E ora punta dichiaratamente a inviare i suoi primi astronauti sulla Luna entro il 2030.
Stimolati, anche se in ritardo, dai successi cinesi, nell’ultimo decennio gli USA hanno riscoperto la Luna. Il piano americano segue due strade parallele: da un lato un programma tradizionale di volo umano, Artemis (il nome della sorella di Apollo), con l’obiettivo di riportare astronauti sulla Luna con missioni di lunga durata e addirittura di costruirvi una presenza permanente; dall’altro un programma robotico per creare l’infrastruttura di supporto. Il tutto con un approccio nuovo: non più sotto la guida diretta della NASA – che era stata creata nel 1958 proprio per affrontare la sfida con i sovietici e per decenni ha diretto tutte le attività spaziali civili americane – ma affidato all’iniziativa di aziende private. L’idea è che queste creino servizi lunari come il trasporto, le comunicazioni o la mobilità, da fornire alla NASA, stimolando l’innovazione e riducendo i costi.
E gli altri? La Russia lavora da tempo a un suo programma lunare robotico, inanellando però per ora solo ritardi e insuccessi, e recentemente ha deciso di cooperare con il programma cinese. L’India è l’unica nazione, dopo USA, URSS e Cina, che è riuscita, nel 2023, ad atterrare sulla Luna, e sta lavorando a un programma di volo umano, ma è ancora molto indietro rispetto alle altre grandi potenze. Infine l’Europa, dopo aver abbandonato la cooperazione con la Russia e affievolito quella con la Cina, ha deciso di aggregarsi al programma degli USA: per il volo umano fornisce il modulo di servizio della capsula lunare della NASA Orion e elementi importanti della stazione orbitale Gateway; per la parte infrastrutturale sta lavorando a un servizio semi-commerciale di comunicazioni satellitari attorno alla Luna, e costruirà un modulo di atterraggio logistico, Argonaut, che dovrebbe volare nel 2031.
Insomma, la partita lunare si gioca ormai principalmente tra USA e Cina. Gli altri sono, nel migliore dei casi, partner di minoranza.
3. Perché tornare sulla Luna?
Ma perché questo rinnovato interesse per la Luna? Si fa tanto parlare di “economia lunare”, un settore che dovrebbe promettere enormi guadagni, per esempio attraverso l’estrazione di terre rare o elio-3, la produzione di propellente per razzi, oppure il turismo spaziale. Senza andare troppo nel dettaglio delle singole attività, la loro realizzazione sulla Luna deve affrontare sfide tecnologiche ancora tutte da risolvere, con costi spaventosi e tempi molto lunghi. La realtà è che non esiste una prospettiva di fare soldi sulla Luna, nemmeno a medio termine, a esclusione forse del turismo spaziale, che però resterà sempre un’attività marginale, riservata a pochi facoltosi. Di certo non basta per parlare di economia lunare.
Al momento, dunque, per le aziende che nascono e investono capitali anche significativi nella tecnologia spaziale per la Luna, l’unica prospettiva di guadagno è ancora quella che ha sostenuto le industrie spaziali fino a oggi: i finanziamenti pubblici, sia in forma di sovvenzioni dirette sia tramite contratti di sviluppo o di fornitura di servizi. I settori di interesse sono vari, dal trasporto (inviare un veicolo spaziale verso la Luna e farlo atterrare), alle comunicazioni (reti di antenne sulla Terra o di satelliti in orbita lunare). Ma anche altre attività più specifiche, come la realizzazione in loco di materiale da costruzione usando rocce lunari; oppure l’estrazione di idrogeno e ossigeno dall’acqua, la costruzione di ambienti pressurizzati per gli astronauti o la realizzazione di reattori nucleari.
In tutti questi settori si devono però fare i conti con l’ambiente lunare, che è molto diverso da quello terrestre, aggressivo e ostile. Ad esempio per realizzare un sistema di trasporto per la Luna, il problema principale è l’atterraggio. In teoria atterrare sulla Luna è semplice. Non c’è atmosfera, e la forza di gravità è bassa, per cui basta dirigersi verso la Luna e azionare negli ultimi minuti un razzo frenante a spinta variabile, che rallenti la caduta fino ad azzerare la velocità di discesa una volta arrivato. In pratica però bisogna considerare la variabilità del campo gravitazionale, l’irregolarità del terreno, il fatto che le attività di atterraggio devono essere eseguite automaticamente a bordo, senza interventi dal centro di controllo sulla Terra. Queste difficoltà rendono il processo complesso e rischioso, e spiegano la lunga serie di atterraggi falliti negli ultimi anni. Se escludiamo la Cina, che dal suo primo tentativo nel 2013 ha inanellato fino ad oggi quattro successi su quattro, il resto è un panorama desolante: su undici tentativi solo due hanno avuto successo, uno dell’agenzia spaziale indiana e l’altro di un’azienda privata statunitense.
Ma le insidie lunari non finiscono con l’atterraggio. Una volta sulla superficie bisogna resistere a variazioni estreme di temperatura (si passa da +120 gradi di giorno a -170 di notte). La notte lunare poi dura due settimane, durante le quali l’unico modo di alimentare e riscaldare il veicolo è usare generatori nucleari. A complicare le cose ci sono anche la bassa gravità, l’assenza di atmosfera, la continua esposizione alle radiazioni dallo spazio. Infine forse il problema più insidioso: la polvere lunare, formata di granuli altamente abrasivi che disturbano qualsiasi meccanismo, erodono le guarnizioni, e possono creare severi problemi respiratori per gli esseri umani. Problemi insolubili? Non necessariamente, ma di certo la loro risoluzione richiederà verifiche, denaro e lunghi sviluppi, molto lunghi.
Soldi e tempo sono dunque il problema principale per coloro che investono nelle attività lunari e sperano in un ritorno di guadagno, prima o poi. Viste le difficoltà, le ampie attese e gli investimenti spaventosi che si renderanno necessari, l’unica speranza per chi conta sulla nascita di un’economia lunare è che i fondi pubblici continuino a scorrere il più a lungo possibile. E la paura è che invece l’interesse istituzionale si spenga, come già successe mezzo secolo fa.
4. Una gara geopolitica
E qui arriviamo al punto cruciale. Oggi la corsa alla Luna è sostenuta dalla competizione tra due grandi potenze, USA e Cina, è una questione di prestigio e di interessi strategici. Nessuno dei due concorrenti può accettare di arrivare secondo sulla Luna. È il principio fondamentale della geopolitica, che Tim Marshall nel suo libro Il futuro della geografia formula così: “Se il tuo rivale sta andando in un posto nuovo, anche se non sai ancora perché, è meglio che ti organizzi per andarci anche tu, e possibilmente arrivarci prima di lui.”
Dunque se oggi USA e Cina stanno investendo molto per inviare per primi esseri umani sulla Luna, è soprattutto per evitare che il rivale li batta sul tempo. La gara in corso è ancora molto incerta. Il programma americano Artemis sulla carta è in vantaggio: esiste già il razzo SLS e la capsula Orion, che nel 2022 hanno volato attorno alla Luna senza astronauti, e che l’anno prossimo dovrebbero ripetersi, stavolta con esseri umani a bordo. Il passo successivo, annunciato per il 2027, dovrebbe essere il primo atterraggio di astronauti sulla superficie lunare. Ma qui cominciano i problemi. Per atterrare serve un secondo veicolo, il modulo lunare, il cui sviluppo è stato assegnato all’azienda privata SpaceX, che intende utilizzare il suo nuovo super-razzo Starship. Ma il suo sviluppo sta incontrando difficoltà e ritardi, e molte funzionalità che servono per il modulo lunare devono ancora essere dimostrate e verificate. Anche se SpaceX ci ha sorpreso in passato con la sua capacità di recupero, sembra davvero difficile che possa risolvere tutto nel giro di un anno e mezzo. Per cui è probabile che Artemis accumuli nuovi ritardi: il primo allunaggio di astronauti americani rischia di essere rimandato al prossimo decennio.
Per quanto riguarda la Cina, sappiamo che sta sviluppando un nuovo razzo, una capsula per portare gli astronauti in orbita lunare e un modulo di atterraggio. Sappiamo anche che la sua architettura di missione è più semplice rispetto a quella della NASA. Non sappiamo a che punto siano gli sviluppi e se possano sorgere difficoltà nei prossimi anni, ma visti gli enormi progressi cinesi in campo spaziale negli ultimi 20 anni, la data del 2030 annunciata per il primo atterraggio umano sembra molto plausibile.Gli americani restano comunque determinati a vincere questa gara, al punto che, in controtendenza ai tagli al budget generale della NASA, il Senato ha recentemente stanziato ulteriori fondi per Artemis. Staremo a vedere chi la spunterà.
5. Al di fuori della legge
Questa nuova corsa alla Luna si svolge in quasi totale assenza di regolamentazione legislativa. Il realtà esiste fin dal 1967 un documento dell’ONU, il Trattato sullo spazio esterno, che predica un uso pacifico dello spazio, e proibisce esplicitamente di appropriarsi di risorse sui corpi celesti, Luna compresa, considerati “patrimonio comune dell’umanità”. Ma il trattato è molto generico, e quando l’ONU, nel 1979, stabilì regole più precise in un nuovo accordo, il Trattato sulla Luna, solo 17 Paesi lo sottoscrissero, e le grandi potenze lo ignorarono completamente. Nel frattempo nel 2020 gli Stati Uniti hanno prodotto unilateralmente un documento, chiamato Accordi Artemis, che stabilisce princìpi e regole per le future attività lunari. Dopo di che lo hanno sottoposto ad altri Paesi, mettendoli di fronte alla seguente alternativa: o firmi l’accordo oppure resti fuori da qualsiasi cooperazione con gli USA sulla Luna. Molti Stati europei, come la Francia e la Germania, hanno esitato a lungo prima di firmare, ma alla fine hanno accettato la sudditanza al programma americano: era impensabile per loro restare esclusi dalla cooperazione con gli USA. Oggi gli Accordi Artemis sono stati firmati da oltre 50 Paesi, ma non sono un trattato internazionale riconosciuto dall’ONU. Inoltre, benché sostengano di rispettare i princìpi del Trattato sullo spazio esterno, in realtà stabiliscono un concetto chiamato “zona di sicurezza”, un’area che chiunque intraprenda attività sulla Luna può stabilire attorno al luogo dove queste si svolgono, per evitare interferenze con attività altrui. In pratica, nessuno ha diritto di appropriarsi di risorse lunari, ma può costruire un muro attorno a una certa area per evitare che altri vi entrino. Altro che patrimonio comune. Insomma, è evidente che gli Accordi Artemis non solo aggirano i trattati ONU permettendo implicitamente lo sfruttamento arbitrario delle risorse lunari, ma non forniscono nemmeno alcuna regola per la risoluzione di eventuali conflitti, a parte quella del primo arrivato o, meglio, quella del più forte.
Naturalmente, come gli USA stanno aggregando il blocco dei Paesi occidentali sotto l’ombrello degli Accordi Artemis, così la Cina ha creato un’iniziativa simile, chiamata International Lunar Research Station, raccogliendo firmatari tra i Paesi al di fuori del blocco occidentale, a cominciare dalla Russia. Insomma, si stanno formando due blocchi opposti, regolati da accordi diversi: quasi una garanzia di conflitto. Si può pensare che, dopo tutto, la Luna è grande, e che ciascun blocco possa scegliere di occupare una sua zona tenendosi alla larga dall’altro, ma purtroppo la realtà è ben diversa. La Luna ha sì una superficie enorme, paragonabile a quella dell’Africa, ma le zone di potenziale interesse per le attività umane sono oggi limitate alla regione del polo sud, dove si presume si trovino grandi quantità di acqua ghiacciata in superficie, fondamentale per la sopravvivenza. Un’area molto ristretta, nella quale sia gli USA che la Cina stanno già selezionando zone di interesse, pericolosamente vicine tra loro.
6. Cosa ci riserva il futuro
In conclusione, la Luna è vicina alla Terra, le promesse di un suo utilizzo futuro sono tante e la passione e l’entusiasmo di aziende e agenzie spaziali è incoraggiante. D’altra parte i problemi tecnici, finanziari e legislativi da risolvere sono enormi, e le possibili soluzioni ancora molto, molto lontane.
Per ora il motore che sostiene il tutto è la competizione geopolitica tra USA e Cina. Se questa continuerà, corriamo il rischio di assistere nei prossimi decenni all’estensione dei conflitti terrestri non solo nello spazio, come sta già avvenendo, ma addirittura sulla Luna, con conseguenze potenzialmente devastanti. Se invece la competizione si sgonfierà, come è avvenuto negli anni Settanta del secolo scorso, con essa svaniranno ancora una volta i nostri sogni di conquista lunare. Ma come allora non tutto andrà perduto: resteranno le nuove tecnologie e le idee innovative che saranno nate nel frattempo, e queste faranno da base per nuovi progressi tecnici e scientifici. Tra i due scenari, mi auguro decisamente che si avveri il secondo.