Sotto la volta degli alberi il nostro olfatto è immerso in un mondo chimico nascosto. I terpeni sono i suoi messaggeri.
C’è qualcosa di profondamente ancestrale nel camminare in un bosco. L’aria è satura di aromi freschi e resinosi, un intreccio di fragranze che cambiano con la stagione, l’umidità e persino con l’ora del giorno. Inspiriamo a fondo e ci sembra di percepire qualcosa di atavico, di umido e profondo. Ma cosa stiamo realmente respirando?
Dietro questa esperienza sensoriale si nasconde un mondo invisibile fatto di molecole ben precise, sia per struttura che per funzione. Quello che percepiamo come “odore di bosco” è in realtà un complesso cocktail chimico, allo stesso tempo un linguaggio molecolare che piante, funghi e microorganismi usano per comunicare, proteggersi e interagire con il mondo esterno, e anche un ambiente chimico in cui si svolge la complessa ecologia di una moltitudine di esseri viventi. I protagonisti di questa sinfonia olfattiva sono molti: i terpeni, la geosmina e i fenoli sono fra i più noti. Usando questi nomi apparentemente complessi, intendiamo riferirci a tipi di molecole specifici, riconoscibili per la “forma generale” che hanno, la quale conferisce loro le proprietà. La radice della bellezza del bouquet di un bosco è tutta lì; ma c’è molto altro, come stiamo per vedere.
I terpeni: la voce profumata delle piante
I terpeni sono tra i principali responsabili dell’aroma del bosco. Molecole leggere, volatili, costruite a partire da unità di isoprene (C₅H₈), possono essere assemblate in infiniti modi per generare una sorprendente varietà di fragranze. In figura, si mostra la struttura chimica dell’isoprene; legando un numero via via crescente di isopreni, che fungono da “mattoncino di costruzione”, si ottengono terpeni via via più lunghi e complicati, come si mostra con alcuni esempi nella stessa figura. Non solo: anche se in figura non è mostrato, si possono ottenere strutture cicliche (chiudendo quelle lineari con un legame che unisca la testa alla coda) o variamente ramificate.
In definitiva, il “mattoncino” isoprenico di cui sono fatti i terpeni può usarsi per costruire una grandissima varietà di molecole con forma ben diversa, a seconda di come si “montano” più o meno mattoncini.

Ma perché questi composti hanno proprio odori così intensi e gradevoli? Innanzitutto, i terpeni sono molecole altamente volatili. La loro leggerezza, dovuta alle piccole dimensioni molecolari, permette loro di evaporare facilmente a temperatura ambiente e diffondersi rapidamente. È proprio grazie a questa volatilità che i terpeni riescono a raggiungere efficacemente il nostro naso. Qui, essi interagiscono in modo molto specifico ed efficace con i recettori dell’olfatto, a causa della combinazione della loro natura chimica (che conferisce efficacia al legame) e della loro struttura tridimensionale così variegata (che conferisce la specificità della sensazione olfattiva associata ad ogni diverso terpene). I recettori olfattivi, situati sulle cellule nervose sensoriali presenti nel nostro epitelio olfattivo, sono immersi in membrane grasse, costituite principalmente da fosfolipidi (quei grassi usati per fare i famosi liposomi presenti in tanti prodotti di bellezza e nella formulazione dei vaccini).
Queste proteine recettoriali riconoscono le molecole odorose sulla base di una complementarità di forma e di caratteristiche chimiche, un po’ come una serratura adatta ad una ed una sola chiave. I terpeni, grazie alla loro natura grassa, attraversano facilmente lo strato mucoso che protegge l’epitelio olfattivo e si inseriscono efficacemente nello spazio dove sono situati i recettori olfattivi. La grande varietà di forme che abbiamo visto nella famiglia dei terpeni – da semplici strutture lineari fino a complesse conformazioni a forma di ciambella o di otto, dette rispettivamente cicliche e bicicliche – spiega perché questi composti siano in grado di attivare in modo molto specifico tantissimi diversi tipi di recettori olfattivi.
Ogni terpene possiede infatti una precisa forma che interagisce selettivamente con determinati recettori, generando così un preciso segnale nervoso che il cervello interpreta come uno specifico odore. Il nostro naso, insomma, è un sensore della forma molecolare di ciò che capita a tiro; e siccome i terpeni hanno tantissime forme diverse, a seconda di come sono stati montati i “mattoncini” di isoprene che li compongono, ecco che possono stimolare tantissimi tipi di recettori diversi, ognuno associato ad un certo odore.

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Ricapitolando: è proprio la combinazione di volatilità, affinità per i grassi (cioè lipofilicità) e ricchezza strutturale (cioè varietà di forma) che rende i terpeni fra i protagonisti assoluti dei profumi della natura, spiegando la loro capacità di evocare sensazioni intense e più o meno piacevoli quando giungono ai nostri sensi.
E dunque, a seconda del tipo di bosco e di piante che li emettono, noi percepiamo nella nostra passeggiata diverse fragranze.
Le conifere, per esempio, rilasciano grandi quantità di monoterpeni (molecole con lo scheletro fatto di due mattoncini di isoprene, come nella figura è mostrato) fra cui l’alfa-pinene e il beta-pinene, che conferiscono al bosco il suo profumo balsamico e rinfrescante. Le querce, invece, sono grandi produttrici di isoprene, il mattoncino di partenza, che protegge la foglia dallo stress ossidativo e che si diffonde nell’aria in grandi quantità nei periodi caldi e soleggiati.
Questi e altri terpeni non sono semplici sottoprodotti del metabolismo delle piante: sono segnali attivi, modulati dalle condizioni ambientali, dalle ore di luce, dallo stress idrico, dalla presenza di erbivori.
Per esempio, quando una pianta viene attaccata da un insetto erbivoro, spesso rilascia composti chimici volatili in modo massiccio, a partire dalle lesioni causate dall’insetto. Questo non serve solo a disturbare l’attaccante o a rendere la pianta meno appetibile: molte di queste sostanze attirano i predatori naturali, perché hanno una forma in grado di stimolare specificamente i suoi recettori olfattivi. È un gioco di alleanze chimiche fra la pianta e altri esseri viventi (per esempio, vespe parassite dei bruchi).
Ma la parte più sorprendente è che queste molecole vengono percepite anche dalle piante vicine, che, pur non ancora attaccate, attivano le loro difese chimiche in anticipo. È un sistema di comunicazione a distanza, simile a un’allerta precoce. I composti più frequentemente coinvolti in questo “dialogo tra piante” sono proprio i terpeni, come il linalolo e il β-ocimene, oltre che molecole derivate dagli acidi grassi, come il metil-jasmonato. Nonostante la loro complessità e varietà, i terpeni sono solo una parte di ciò che annusiamo in un bosco.
Preparatevi alla prossima puntata, perché c’è ancora molto da scoprire insieme.