Nuove ricerche hanno dimostrato un legame tra la crescita delle temperature nel Mediterraneo e l'aumento di tempeste più grandi e distruttive. Come proteggerci?
La grandine si forma nelle nubi temporalesche molto sviluppate in verticale, i cumulonembi, quando ci sono correnti di aria calda e umida che rapidamente salgono verso l’alto. Man mano che l’aria sale incontra temperature più basse che possono portare alla condensazione del vapore acqueo e alla formazione di goccioline d’acqua. Più le correnti ascensionali sono forti, più le goccioline sono sollevate in alto. A una certa quota nella nube, la temperatura scende sotto 0 °C e le goccioline cominciano a congelare formando piccoli cristalli, o chicchi, di ghiaccio. I chicchi vengono trasportati più volte in alto e in basso seguendo le correnti ascendenti e discendenti che caratterizzano i cumulonembi. Ad ogni ciclo di salita-discesa, l’embrione ghiacciato si accresce inglobando nuove particelle disperse all’interno di una regione della nube dove è possibile trovare goccioline d’acqua ancora liquida, nonostante le temperature siano di diverse decine di gradi sottozero. Questo peculiare stato fisico dell’acqua, detto di sopraffusione, agisce su goccioline d’acqua purissima dell’ordine di pochi micron di diametro che congelano istantaneamente a contatto col chicco di grandine. A questo punto, la forza di gravità gioca un ruolo essenziale: quando i chicchi diventano troppo pesanti per essere sostenuti dalla corrente ascensionale, cominciano la caduta verso il suolo per poi continuare a inglobare ulteriori goccioline e cristalli di ghiaccio per tutto il percorso dentro la nube. Ed ecco la grandine!
In che modo il riscaldamento globale la trasforma? Per scoprirlo, decido di scrivere a Sante Laviola, ricercatore dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-ISAC) di Bologna. Quando ci sentiamo, lui è in partenza. Mi risponde che, armato di cella freezer, sta per intraprendere la prima spedizione del 2025 a caccia di chicchi di grandine. Nella fattispecie, quelli custoditi da un cittadino che ha aderito all’iniziativa “Be a hailstorm chaser!” (Diventa cacciatore di grandinate!).
“Si tratta di un’iniziativa di Citizen Science in cui cittadine e cittadini possono segnalare gli eventi di grandinate nella propria zona e possibilmente conservare i chicchi di grandine caduti al suolo”, mi dice Sante, e continua: “ Questo aiuta la nostra ricerca in vari modi: i sistemi temporaleschi segnalati dai cittadini vengono studiati minuziosamente attraverso satelliti e modelli numerici, e i chicchi recuperati sono analizzati nei laboratori del CNR-ISAC di Bologna per studiarne la struttura, la natura e la composizione chimico-fisica”. Nelle iniziative di Citizen Science, come quella che mi descrive Sante, ogni persona, qualunque sia il suo mestiere, può contribuire a un pezzettino di ricerca scientifica. Nel caso di “Be a hailstorm chaser!”, le informazioni ottenute grazie alle segnalazioni dei temporali e alla raccolta della grandine vanno a confluire in un progetto specifico che ha per acronimo “H2Med” – Hail Hazard in the Mediterranean (Rischi di grandine nel mediterraneo) – coordinato dal CNR-ISAC di Bologna, proprio nella persona di Sante Laviola, assieme all’Università di Torino e all’Università di Napoli Parthenope e finanziato con fondi PNRR.
“Chicchi abbastanza grandi possono colpire la superficie terrestre con velocità incredibili, fino a 160 km/orari per un chicco di diametro di sette centimetri e mezzo (come una palla da baseball) e costituire un pericolo per le persone, le cose, le coltivazioni”.
“Il progetto H2Med ha l’obiettivo di migliorare le nostre conoscenze sulla generazione delle grandinate nel bacino del Mediterraneo e studiare gli effetti del cambiamento climatico sui temporali più estremi. Attraverso un approccio basato sull’uso di osservazioni e simulazioni con modelli atmosferici e climatici, il progetto esplora i temporali grandinigeni anche allo scopo di fornire indicazioni utili per applicazioni operative, dal miglioramento delle previsioni meteorologiche alla gestione del rischio legato agli eventi estremi”.
Molte tempeste producono chicchi di grandine che non raggiungono mai il suolo, perché fondono mentre cadono attraverso l’aria più calda vicino alla superficie della Terra. Ma in altri casi chicchi abbastanza grandi possono colpire la superficie terrestre con velocità incredibili, fino a 160 km/orari per un chicco di diametro di sette centimetri e mezzo (come una palla da baseball) e costituire un pericolo per le persone, le cose, le coltivazioni.
“Il progetto H2Med”, Sante inizia a andare più nel dettaglio dei risultati, “trae origine da un nostro studio preliminare del 2022 che ha portato alla costruzione di un database ventennale di episodi di grandine, oggi aggiornato ai più recenti dati del giugno 2025, nel quale sono state individuate precipitazioni di chicchi con diametro tra i 2 e i 10 cm e superiori a 10 cm, rispettivamente definiti «grandine grossa» e «super grandine». Lo studio ha mostrato una tendenza di aumento del 30% per entrambe le categorie di grandinate nel periodo che va dal 1999 al 2021 rispetto al decennio precedente”.
Sante mi dice poi che l’aumento degli eventi di grandine grossa e di super grandine si verifica in tutto il bacino del Mediterraneo, in accordo con un incremento di particolari condizioni, tra cui l’instabilità dell’aria, la quota dello zero termico, la temperatura del mare, solo per citarne alcune. Le zone del Mediterraneo maggiormente colpite sono la pianura Padana, le Alpi e le Prealpi, il Sud della Francia, la Spagna nord‑orientale, i Balcani e la Turchia.
“Questo è uno degli aspetti più controintuitivi del riscaldamento globale che stiamo vivendo: accanto al verificarsi di periodi siccitosi, abbiamo un aumento degli eventi piovosi estremi”.
Vale la pena ricordare che l’area del Mediterraneo è stata identificata da tempo come una delle regioni più sensibili ai cambiamenti climatici globali – un hot-spot del riscaldamento – sia secondo le osservazioni attuali che in base alle proiezioni future. Sul bacino del Mediterraneo, oltre ad avere un riscaldamento che procede a un ritmo superiore alla media globale, le precipitazioni medie annue sono diminuite dalla metà del XX secolo e si sono osservate ondate di calore più frequenti e prolungate. Temperature più alte implicano una maggiore capacità dell’atmosfera di trattenere il vapore acqueo, e quindi alta probabilità di sperimentare eventi di pioggia più intensi – riprenderemo questo concetto più avanti. Questo è uno degli aspetti più controintuitivi del riscaldamento globale che stiamo vivendo: accanto al verificarsi di periodi siccitosi, abbiamo un aumento degli eventi piovosi estremi.
Studi recenti indicano che il riscaldamento globale sta amplificando la frequenza e l’intensità delle tempeste sia in Europa che negli Stati Uniti. Come si accennava sopra, con il riscaldamento dell’atmosfera terrestre si accelera il processo di evaporazione, che porta a un aumento dei livelli di umidità nell’aria. Questo maggior contenuto di umidità fornisce alle tempeste una fonte di energia più grande, poiché il vapore acqueo funge da carburante per il loro sviluppo e la loro intensificazione. Quando l’aria calda e umida sale e si scontra con masse d’aria più fredde, si creano le condizioni ideali per la formazione di temporali. L’aumento di energia e umidità nell’atmosfera contribuisce anche alla formazione di chicchi di grandine più grandi e distruttivi. Man mano che le correnti ascensionali all’interno dei temporali diventano più forti riescono a trattenere la grandine nel cuore della tempesta per periodi più lunghi, permettendole di ingrandirsi prima di cadere al suolo. A questo si aggiunge il fatto che un clima che si riscalda può portare a cambiamenti nella circolazione atmosferica, ad esempio facendo sì che le tempeste permangano su determinate regioni più a lungo, portando a eventi di precipitazione più prolungati e intensi, e aumentando così il rischio di alluvioni e frane.
“Sebbene non si possa dire con precisione che in futuro le tempeste di grandine aumenteranno, si può dire con un buon grado di accuratezza che gli scenari climatici futuri mostrano un aumento delle condizioni più favorevoli alla formazione di sistemi grandinigeni intensi. Nel nostro studio del 2022, rafforzato da quello del 2023, abbiamo trovato che le principali variabili atmosferiche che rendono l’ambiente favorevole alla formazione delle grandinate sono in aumento dal 1960. E i risultati del progetto H2Med dimostrano che questo trend positivo dovrebbe procedere fino alla fine del 2100.”
Per questo è importante che i nostri territori si adattino a un clima che è già cambiato e che continuerà a farlo. La politica e le comunità possono implementare misure per proteggere vite, infrastrutture ed economie. La migliore difesa consiste però nella riduzione delle emissioni antropiche di gas serra, all’origine dell’attuale riscaldamento globale. Limitandole possiamo rallentare la corsa del cambiamento climatico e mitigare i suoi effetti più pericolosi, come quelli associati agli impatti degli eventi estremi. È il modo più efficace per ridurre la violenza delle grandinate del futuro.