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Elisa Palazzi
Siamo oltre 1,5°: e ora?

Cover Palazzi 1,5C°
clima Scienza

Nel 2024 la temperatura media globale ha oltrepassato per la prima volta una soglia decisiva. Che cosa significa?

Il 10 gennaio 2025, l’osservatorio europeo Copernicus ha pubblicato il rapporto Global Climate Highlights 2024, che analizza il clima dell’anno passato sulla base dei dati raccolti dalle organizzazioni indipendenti che monitorano costantemente le condizioni del pianeta. Uno dei dati più significativi corrisponde a un record assoluto: il 2024 è stato il primo anno solare in cui la temperatura media globale ha superato di oltre 1,5°C (quasi 1,6°C) la temperatura media preindustriale, cioè quella osservata tra il 1850 e il 1900.

Il 2024, inoltre, è anche stato l’anno più caldo mai registrato dal 1850 – fatto che era già stato dato per virtualmente certo (99%-100% di probabilità) alcune settimane prima della fine dell’anno. Il precedente anno più caldo era stato il 2023, nel quale il rapporto testimoniava un aumento di 1,48°C – e già quel valore era sembrato molto alto e preoccupante, anche per la sua prossimità a 1,5°C. Da dove arriva questa soglia e che significato ha? Nel 2015, centonovantacinque nazioni si sono riunite a Parigi in occasione della ventunesima conferenza delle parti sul clima (COP21) per firmare l’Accordo di Parigi. In quell’occasione fu dichiarata la necessità di “mantenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto di 2°C rispetto ai livelli preindustriali” e perseguire sforzi per “limitare l’aumento della temperatura a 1,5°C sopra i livelli preindustriali”, con l’idea che rimanere sotto 1,5°C avrebbe rimpicciolito i rischi e gli impatti del cambiamento climatico, e facilitato allo stesso tempo le azioni di adattamento. 

Il percorso che ha portato alla definizione della soglia di 1,5°C, tuttavia, non nasce con l’Accordo di Parigi, ma più di due decenni prima. Nel 1992, in occasione del Vertice della Terra di Rio de Janeiro, fu firmato il primo trattato internazionale sul clima. I rappresentanti di centosettantadue Paesi concordarono sulla necessità di “stabilizzare le concentrazioni di gas serra nell’atmosfera a un livello che prevenisse interferenze antropiche pericolose con il sistema climatico”. Nel 2010 poi, con gli accordi di Cancun seguiti alla COP16, si decise di definire una soglia di temperatura, oltre che di CO2, e il testo dell’accordo specificava la necessità di “mantenere l’aumento della temperatura media globale al di sotto di 2°C rispetto ai livelli preindustriali”. Nel frattempo, la comunità scientifica lavorava incessantemente: monitorava il clima terrestre, perfezionava i modelli per comprendere cause e meccanismi del riscaldamento terrestre e produrre proiezioni future, processava dati e pubblicava articoli. Il risultato di quel lavoro dimostrava quanto i rischi di un eccessivo aumento della temperatura media globale fossero concreti e colpissero in maniera diseguale diverse regioni del pianeta, anche ben prima di raggiungere la soglia dei 2°C. Così, alla COP21 nel 2015, si decise che il testo dell’Accordo di Parigi dovesse puntare a limitare l’aumento della temperatura rispetto ai livelli preindustriali a 1,5°C: i 2° non erano più sufficienti.

“Da dove arriva questa soglia e che significato ha?”

La rilevanza di 1,5°C come soglia di riscaldamento fu esplorata nel Rapporto Speciale del gruppo Intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) del 2018 Global Warming of 1.5°C, commissionato dalle Nazioni Unite. Ribadiva un messaggio chiave: già con un incremento di circa 1°C sopra i livelli preindustriali si stavano manifestando cambiamenti climatici di grande portata, come l’aumento di eventi meteoclimatici estremi (alluvioni, siccità, ondate di calore), l’innalzamento del livello medio del mare, la diminuzione del ghiaccio marino in Artico. Il rapporto mise in evidenza un numero di conseguenze negative che avrebbero potuto essere ridotte limitando il riscaldamento globale a 1,5°C invece che 2°C. L’innalzamento del livello medio del mare, per esempio, sarebbe più basso di 10 centimetri entro la fine del 2100, o ancora, la probabilità che il Mar glaciale artico, in estate, possa rimanere privo di ghiaccio sarebbe una al secolo anziché ogni dieci anni. Il messaggio di fondo di quel rapporto è che ogni decimo di grado di riscaldamento in più (o in meno) conta. 

Ma quando avremo la certezza di aver davvero superato la soglia di 1,5°C? Basta il superamento registrato in un singolo giorno, in un mese o anche in un intero anno per poterlo dire? Nel 2023, per esempio, è successo per metà dei giorni dell’anno. O ancora, nel 2024 questo è accaduto ogni mese, eccetto luglio. Copernicus infine ci ha già mostrato un aumento della temperatura media del 2024 di quasi 1,6°C. Eppure, in nessuno di questi tre casi possiamo dire di aver superato il limite di 1,5°C per come è inteso nell’accordo di Parigi. Secondo la scienza del clima, insomma, questo incremento non è ancora la nuova normalità.

Il limite è raggiunto quando il riscaldamento globale causato dall’uomo supera “costantemente”, ovvero su un periodo di decenni, la temperatura preindustriale di un valore oltre 1,5°C. Un modo per valutarlo è prendere un periodo di vent’anni e verificare se la temperatura media è maggiore di quella preindustriale di oltre 1,5°C. La scelta di un periodo di vent’anni dipende dal fatto che le temperature globali possono essere influenzate non solo dal cambiamento climatico di origine umana, ma anche da fattori naturali (come il fenomeno climatico El Niño) che si manifestano su tempi più brevi, o semplicemente dalla meteorologia, che agisce su scale temporali rapidissime rispetto a quelle climatiche.

Ciò non significa, però, che non dovremmo preoccuparci per i record osservati negli anni recenti e per i primati del 2024, perché molte osservazioni degli ultimi anni costituiscono un precedente davvero significativo, sul quale la comunità scientifica riflette, fa ricerca e pubblica articoli. In uno dei più recenti, uscito un mese esatto dopo il Rapporto Copernicus sul clima, gli autori mostrano che, guardando i dati del passato, il primo anno che ha superato le soglie di riscaldamento globale di 0,6 °C, 0,7 °C, 0,8 °C, 0,9 °C e 1,0 °C è sempre dentro al primo periodo di vent’anni in cui la temperatura media ha raggiunto le stesse soglie. Se questo schema è vero, allora si potrebbe pensare che la soglia di 1,5 °C superata nel 2024 possa avere uno sviluppo simile. Il periodo di vent’anni in cui l’obiettivo dell’Accordo di Parigi è da considerarsi fallito potrebbe quindi essere già iniziato.

“Il superamento di 1,5°C è un segnale di allarme precoce che deve guidare risposte rapide di mitigazione”.

Tuttavia, l’articolo spiega anche che una mitigazione climatica spinta, ovvero la riduzione globale delle emissioni di gas serra in tempi rapidissimi, potrebbe ancora abbassare i tassi di riscaldamento nei prossimi due decenni e ridurre di molto la probabilità che un anno sopra 1,5°C come il 2024 cada nel primo periodo di vent’anni che raggiunge lo stesso livello medio. Nell’ultimo decennio, la temperatura è aumentata a un tasso di 0,026°C all’anno. Bisognerebbe dunque abbassare la velocità di riscaldamento a circa 0,005°C all’anno (cioè mezzo grado ogni cent’anni) per ridurre il rischio di entrare in quei vent’anni in cui il superamento di 1,5°C diventa la normalità: un risultato raggiungibile solo attraverso sforzi rigorosi.

Come interpretare, allora, il superamento di 1,5°C nel 2024? È un segnale di allarme precoce che deve guidare risposte rapide di mitigazione. Al tempo stesso, manifesta l’urgenza dell’adattamento agli effetti del cambiamento climatico già in corso. Il limite di 1,5°C non va inteso come un interruttore che accende o spegne la catastrofe climatica. Milioni di persone in tutto il mondo hanno già sperimentato quanto gravi possano essere le conseguenze del cambiamento climatico con un aumento della temperatura media inferiore al 1,5°C. Studi effettuati con modelli climatici e dati di paleoclima mostrano che la soglia climatica di 1,5°C è una soglia di sicurezza, superata la quale il rischio di effetti critici diventa maggiore di quanto, come società, siamo disposti ad accettare.  

Come società globale che sta influenzando drasticamente il clima terrestre dovremmo fare di tutto per non superare quel limite, perché la posta in gioco è troppo alta. Lo ha detto anche il direttore del servizio Copernicus, Carlo Buontempo, all’uscita del rapporto sul clima 2024: “L’umanità è padrona del proprio destino, ma come rispondiamo alla sfida climatica dovrebbe essere basato sull’evidenza. Il futuro è nelle nostre mani: azioni rapide e decisive possono ancora cambiare il corso del nostro clima”, e – aggiungo io – della nostra storia.

Elisa Palazzi

Elisa Palazzi è professoressa associata all’Università di Torino dove insegna Fisica del Clima. Studia il clima e i suoi cambiamenti nelle regioni di montagna, sentinelle del cambiamento climatico. È autrice, insieme a Federico Taddia, del libro Perchè la Terra ha la febbre?, Editoriale Scienza (2019) e del podcast “Bello Mondo” da cui è nato il libro Bello Mondo. Clima, attivismo e futuri possibili: un libro per capire quello che gli altri non vogliono capire (Mondadori, 2023). Con Sara Moraca ha scritto Siamo tutti Greta. Le voci inascoltate del cambiamento climatico (Ed. Dedalo 2022). Dal 2022, con l’associazione CentroScienza di Torino, cura il festival “Un grado e mezzo”.

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