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Enrico Bucci
Il profumo del bosco. Terza parte: il cielo

Il Profumo Del Bosco. Terza Parte Il Cielo Bucci Cover
chimica natura

La moltitudine operosa di formule molecolari che popola le foreste lavora anche oltre la cima degli alberi, fino all'atmosfera.

Respiriamo a pieni polmoni sotto la volta di una foresta. Soprattutto se il sole sta illuminando la volta, sotto l’ombra degli alberi percepiremo gli odori e i profumi emessi dalle piante, quella rete di cui adesso abbiamo la possibilità di capire il significato di scambio comunicativo fra la moltitudine operosa che ci circonda.

Ma, è il caso di dirlo, dobbiamo andare oltre il nostro naso, per scoprire nuova bellezza, guardando al cielo, proprio sopra quegli alberi che ci riparano dal sole. Il profumo del bosco lavora anche lassù.

Atmosfera, nuvole, clima: come i boschi creano la pioggia

I composti volatili emessi dalle piante, come è insito nell’aggettivo che usiamo per qualificarli, volano, e non rimangono confinati al bosco. In realtà, possono raggiungere grandi altezze; una volta che si trovano a quota sufficiente nell’atmosfera, essi reagiscono con altre molecole che lì trovano, cioè una forma speciale di ossigeno detta ozono e aggressivi radicali ossidrilici, producendo aerosol organici secondari. Questi sono composti da particelle microscopiche e influenzano la formazione delle nubi e la riflessione della luce solare, con effetti sul clima locale e globale.

È un meccanismo affascinante: le foreste, reagendo al caldo, rilasciano composti volatili che contribuiscono alla formazione di nubi riflettenti, mitigando localmente l’eccesso di calore. Più fa caldo, meglio volano terpeni e altri composti come quelli che abbiamo esaminato nelle puntate precedenti di questo viaggio fra gli odori del bosco: una forma di retroazione negativa, spontanea e naturale, che collega direttamente la chimica vegetale alla dinamica atmosferica.

Per decenni, gli scienziati hanno cercato di comprendere a fondo questa relazione tra boschi e foreste, da un lato, e atmosfera, dall’altro. 

Si dà il caso che tra i principali composti volatili emessi dalla vegetazione, importanti ai fini della regolazione climatica, troviamo di nuovo molecole come l’isoprene e una vasta gamma di monoterpeni e sesquiterpeni, cioè proprio quelle molecole aromatiche che, come abbiamo visto, donano alle foreste il loro profumo caratteristico. Le foreste emettono globalmente oltre un miliardo di tonnellate di questi composti ogni anno, modificando sensibilmente la chimica atmosferica. Come abbiamo anticipato, questi composti, una volta rilasciati, non restano semplici osservatori passivi: incontrando nell’aria radicali liberi come l’ossidrile o molecole reattive come l’ozono (O₃), subiscono complesse reazioni di ossidazione che li trasformano in aerosol organici secondari

È proprio qui che si innesca il legame invisibile che unisce boschi e nuvole. Gli aerosol organici hanno la capacità di assorbire molecole d’acqua dall’atmosfera: fungono, cioè, da nuclei di condensazione, intorno ai quali si formano minuscole goccioline, indispensabili per lo sviluppo delle nuvole.

Le particelle così generate cambiano radicalmente le caratteristiche delle nubi: più nuclei di condensazione significano nuvole composte da gocce più piccole e più numerose. Tali nuvole risultano più luminose e riflettenti, capaci di deviare una parte significativa della radiazione solare nello spazio, raffreddando quindi il clima sottostante. Questo processo è particolarmente evidente nelle foreste tropicali e boreali, regioni in cui l’aria è più pulita e l’influenza delle emissioni vegetali appare evidente, tanto da definire questi ambienti come veri e propri laboratori naturali di chimica atmosferica.

In particolare, le foreste amazzoniche costituiscono uno straordinario esempio di questo fenomeno. Studi recenti hanno confermato come l’Amazzonia produca aerosol sufficienti a influenzare profondamente il clima regionale, stabilizzando la temperatura attraverso la formazione di nuvole e precipitazioni locali. In condizioni di maggiore temperatura, infatti, l’emissione di terpeni e isoprene aumenta considerevolmente, portando a una copertura nuvolosa superiore e un conseguente abbassamento delle temperature, secondo un meccanismo di autoregolazione climatica di notevole importanza ecologica.

Quelle piccole forme, le formule chimiche che abbiamo sfiorato in questo viaggio, regolano quindi non solamente le interazioni fra gli abitanti del bosco, ma la pioggia che può cadervi e il clima che lo favorisce: dal profumo alla temperatura, molto passa attraverso terpeni, fenoli ed altre sostanze volatili che abbiamo incontrato.

Finale: un dialogo nascosto che sostiene la vita

Ogni volta che camminiamo in un bosco e ci lasciamo guidare dal suo profumo, stiamo attraversando una rete invisibile di segnali molecolari. Sono parole senza suono, frasi volatili che viaggiano tra le piante, il suolo, l’aria e gli animali. Un linguaggio della natura affinato in miliardi di anni, che la scienza oggi inizia a decifrare con strumenti sempre più precisi.

E in quel profumo che ci colpisce c’è molto più di una sensazione: c’è una chimica viva che regola gli equilibri del mondo vegetale e, forse, ci invita a risintonizzarci con essa. Chimica, avete capito bene: con le loro “piccole forme”, cioè formule, le molecole odorose prodotte dalle piante nei boschi sono chiavi per il nostro naso, per quello di moltissimi altri animali e perfino per recettori specifici che servono alle piante a comunicare fra loro. 

Non solo: quelle stesse piccole forme, con le specifiche proprietà di volatilità e di affinità per altri composti che conferiscono alle molecole da loro caratterizzate, permettono ai composti volatili di arrivare in alto nel cielo, in quantità tanto maggiore quanto più fa caldo, per legge fisica e chimica che ne influenza l’evaporazione in modo diretto. Una volta in atto, le stesse caratteristiche influenzano la capacità di nucleare la pioggia e di schermare il sole, proteggendo così almeno in parte i boschi e i suoi abitanti da eccessi climatici dannosi.

Questo è quanto l’occhio della scienza ci svela sulle “piccole forme” responsabili del profumo che in un bosco attraversa le nostre narici; ma in altre forme di una moltitudine di molecole diverse vi è la spiegazione e la bellezza di moltissima altra parte del mondo, che continueremo ad esplorare un poco per volta.

Enrico Bucci

Enrico Bucci, Ph.D. in Biochimica e Biologia molecolare (2001), è stato ricercatore presso l’istituto IBB (CNR) fino al 2014. Dal 2006 al 2008 ha diretto il gruppo R&D al Bioindustry Park del Canavese. Nel 2016 ha fondato Resis Srl, azienda dedicata alla promozione dell’integrità della ricerca scientifica pubblica e privata. È professore aggiunto alla Temple University di Philadelphia presso il dipartimento di Biologia. È consulente per l’integrità nella ricerca scientifica per diverse istituzioni pubbliche e private, sia in Italia che all’estero.
Il suo lavoro nel campo dell’integrità scientifica è apparso su diverse riviste nazionali e internazionali, inclusa Nature ed è stato premiato a Washington nel 2017 con il “Giovan Giacomo Giordano NIAF Award for Ethics and Creativity in Medical Research”. È autore di oltre 100 articoli scientifici su riviste peer reviewed, di alcuni libri divulgativi e di una rubrica quotidiana di divulgazione su «Il Foglio».

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