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Enrico Bucci
Il miracolo dell’ossido nitrico

Il Miracolo Dell’ossido Nitrico
biologia chimica evoluzione

Un messaggero chimico semplice e fugace attraversa le membrane cellulari, dilata i vasi sanguigni, modula i neuroni e uccide i batteri, unendo la Terra primitiva al corpo umano.

Se qualcuno vi chiedesse di immaginare una molecola dalle proprietà miracolose, quale scegliereste? Probabilmente molti penserebbero all’acqua, la sostanza che permea ogni forma di vita e che modella la chimica del pianeta. Altri indicherebbero una grande proteina, con la sua architettura tridimensionale di atomi perfettamente disposti, o magari il DNA, capace di conservare e trasmettere informazione biologica. Quasi nessuno, però, penserebbe a un gas instabile, fatto soltanto di due atomi leggeri, un azoto e un ossigeno, uniti da un legame doppio imperfetto che lascia un elettrone spaiato. Eppure, è proprio questa minuscola molecola, l’ossido nitrico, a essere stata definita “miracle molecule”. Non per un eccesso di entusiasmo, ma perché in essa la biologia ha rivelato un paradosso: una sostanza chimicamente reattiva e potenzialmente pericolosa può diventare uno dei mediatori più importanti del corpo umano, indispensabile alla comunicazione cellulare, alla memoria, al flusso del sangue, alla risposta immunitaria e persino alla sopravvivenza delle specie.

L’ossido nitrico, la cui formula chimica è NO, è una delle molecole più semplici e sorprendenti dell’intera biologia. Due soli atomi, un legame doppio, e un elettrone solitario che le conferisce la natura di radicale libero. In chimica, un radicale libero è una molecola che possiede un elettrone non accoppiato, cioè un elettrone che non partecipa a un legame stabile. Questa condizione la rende instabile, pronta a reagire con molte altre molecole, in particolare con l’ossigeno o con i metalli. I radicali liberi sono in genere considerati pericolosi: prodotti secondari della respirazione cellulare, responsabili di ossidazione, invecchiamento e danni al DNA. Eppure, in questa minuscola molecola, la vita ha trovato un modo per trasformare l’instabilità in linguaggio.

Che un gas potesse agire come messaggero biologico non era mai stato immaginato. Nei manuali di fisiologia, la comunicazione tra cellule era descritta attraverso molecole complesse: ormoni, neurotrasmettitori, proteine di segnalazione. Tutte grandi, stabili, progettate per riconoscersi in modo preciso tramite un recettore sulla superficie della cellula bersaglio. L’ossido nitrico non ha niente di tutto questo: è un gas, e come tale attraversa le membrane cellulari senza incontrare resistenze, diffondendo liberamente da una cellula all’altra. La sua piccola dimensione e la neutralità elettrica gli consentono di dissolversi nei lipidi della membrana e di passare immediatamente nel citoplasma, lo spazio interno della cellula riempito di acqua e macromolecole.

La sua vita, però, è brevissima: pochi secondi, a volte frazioni di secondo. Questa fugacità è ciò che gli conferisce una precisione straordinaria. Una molecola di ossido nitrico non viaggia lontano; agisce lì dove è stata prodotta, su cellule vicine, e scompare subito dopo. È un segnale locale, istantaneo e reversibile, e proprio per questo la natura lo ha scelto come regolatore fine di funzioni vitali.

La scoperta del suo ruolo iniziò con un enigma. Negli anni Settanta i fisiologi sapevano che la parete interna dei vasi sanguigni, l’endotelio – uno strato di cellule che separa il sangue dal tessuto muscolare sottostante – produceva una misteriosa sostanza capace di far rilassare il muscolo liscio e dilatare il vaso. Il muscolo liscio è quel tipo di tessuto contrattile involontario che regola il calibro dei vasi, la motilità intestinale e molti altri movimenti automatici del corpo. Il rilassamento di questo muscolo aumenta il diametro del vaso e riduce la pressione del sangue. La sostanza prodotta dall’endotelio era dunque un fattore chiave per la regolazione del sistema cardiovascolare, ma nessuno ne conosceva la natura. La chiamarono “fattore di rilassamento derivato dall’endotelio”, endothelium-derived relaxing factor o EDRF, e per anni la sua identità rimase ignota.

Furono Robert Furchgott e Louis Ignarro a dimostrare, con esperimenti eleganti, che l’EDRF e l’ossido nitrico erano la stessa cosa. Quasi in parallelo, Ferid Murad mostrò che il gas attivava un enzima intracellulare, la guanilato ciclasi, capace di convertire guanosin trifosfato (GTP) in guanosin monofosfato ciclico (cGMP). Il GTP è una molecola energetica simile all’ATP, formata da una base azotata, uno zucchero e tre gruppi fosfato; quando viene convertito in cGMP, uno dei fosfati forma un legame ciclico con lo zucchero, generando un “secondo messaggero”, cioè una molecola che propaga all’interno della cellula il segnale ricevuto dall’esterno. Il cGMP attiva a sua volta una proteina chiamata proteina chinasi G, che modifica l’attività di altri enzimi e riduce la concentrazione di calcio nel citoplasma. Poiché il calcio è l’elemento che permette la contrazione del muscolo, la sua diminuzione produce rilassamento. Tutta la sequenza – dal legame di NO all’attivazione della guanilato ciclasi, alla formazione di cGMP e all’effetto sul calcio —–avviene in pochi secondi.

Nel 1998 i tre ricercatori ricevettero il premio Nobel per la medicina: avevano dimostrato che una molecola tanto semplice, instabile e volatile poteva agire come segnale fisiologico endogeno, cioè prodotto naturalmente dal corpo. Il gas che si disperde nell’aria risultò essere anche uno dei linguaggi fondamentali della vita.

“Una molecola di ossido nitrico non viaggia lontano; agisce lì dove è stata prodotta, su cellule vicine, e scompare subito dopo. È un segnale locale, istantaneo e reversibile, e proprio per questo la natura lo ha scelto come regolatore fine di funzioni vitali”.

La produzione di ossido nitrico all’interno dell’organismo è affidata a un gruppo di enzimi chiamati nitric oxide synthase (NOS). Un enzima è una proteina capace di catalizzare – cioè accelerare senza consumarsi – una reazione chimica specifica. La NOS trasforma un amminoacido, la L-arginina, in un altro amminoacido, la L-citrullina, liberando ossido nitrico. Gli amminoacidi sono i mattoni delle proteine, ciascuno con una struttura chimica distinta. L’arginina, in particolare, contiene un gruppo guanidinico, ricco di atomi di azoto, che la rende il precursore perfetto per la sintesi di NO.

La reazione è complessa ma elegante. L’enzima utilizza l’ossigeno molecolare (O₂) e un cofattore riducente, il NADPH, che fornisce elettroni, per ossidare il gruppo guanidinico dell’arginina. La trasformazione avviene in due tappe: prima si forma N-idrossiarginina, poi questa viene scissa in citrullina e ossido nitrico. Per compiere questo processo, la NOS contiene diversi cofattori: un gruppo eme, cioè una porfirina con un atomo di ferro capace di legare piccoli gas, e due flavine, FAD e FMN, che trasferiscono elettroni lungo la catena reattiva. Tutto avviene con estrema precisione: la perdita di un solo elettrone o di un singolo atomo d’ossigeno renderebbe l’enzima inattivo.

Le NOS esistono in tre forme. La forma endoteliale (eNOS) si trova nelle cellule dei vasi sanguigni e regola la circolazione. La forma neuronale (nNOS) è espressa nei neuroni, le cellule del sistema nervoso, dove modula la trasmissione sinaptica. La forma inducibile (iNOS) viene attivata dalle cellule del sistema immunitario in risposta a infezioni o infiammazioni. Le prime due sono calcio-dipendenti: funzionano solo quando la concentrazione di ioni calcio aumenta e si lega a una piccola proteina detta calmodulina, che agisce da interruttore molecolare. La forma iNOS, invece, produce grandi quantità di NO indipendentemente dal calcio, come arma chimica contro batteri e parassiti.

A basse concentrazioni, quindi, l’ossido nitrico regola processi fisiologici delicati; a concentrazioni elevate, diventa tossico per le cellule. È una duplicità tipica della biologia: la stessa sostanza può guarire o distruggere, a seconda del contesto. I macrofagi, le cellule immunitarie che fagocitano i patogeni, lo usano per generare perossinitrito, una molecola fortemente ossidante che danneggia DNA e membrane batteriche. La sua tossicità è utile, purché confinata.

Nel sistema nervoso, invece, l’ossido nitrico agisce come messaggero non convenzionale. Nei neuroni, la sua produzione è attivata dal glutammato, il principale neurotrasmettitore eccitatorio. Quando il glutammato si lega ai recettori NMDA, specifiche proteine sulla membrana che permettono l’ingresso di calcio, l’aumento del calcio attiva la nNOS e genera NO. La molecola diffonde retroattivamente verso il neurone presinaptico, modulando la probabilità di rilascio di altri neurotrasmettitori. Questo meccanismo, detto plasticità sinaptica, permette alle connessioni nervose di rafforzarsi o indebolirsi, ed è alla base dell’apprendimento e della memoria.

Nei mitocondri, le centrali energetiche della cellula, l’ossido nitrico si lega al ferro dell’enzima citocromo c ossidasi, rallentando temporaneamente la catena respiratoria e modulando la produzione di ATP, la principale valuta energetica biologica. Piccole quantità ottimizzano il metabolismo; grandi quantità lo inibiscono. È un regolatore del ritmo della vita, un modulatore dell’equilibrio tra energia e stress ossidativo.

” La vita riutilizzò ciò che la geochimica le aveva dato. Non inventò nulla di nuovo: trasformò una reazione antica in un linguaggio di regolazione. L’ossido nitrico divenne così un ponte tra la chimica inorganica e la biologia, tra la materia e la fisiologia”.

L’ossido nitrico è anche una molecola antica nella storia della vita. Molto prima che comparissero gli organismi complessi, le sue reazioni facevano parte della grande chimica dell’azoto che modellava l’atmosfera primitiva. L’azoto molecolare, N₂, costituisce la maggior parte dell’aria ma è estremamente stabile; per diventare biologicamente utile deve essere convertito in composti più reattivi, come ammoniaca o ossidi di azoto. Nei batteri che vivevano in ambienti privi di ossigeno, l’ossido nitrico era un intermedio della denitrificazione, il processo che riduce il nitrato (NO₃⁻) fino a trasformarlo in diazoto, chiudendo il ciclo dell’azoto. In questa sequenza di reazioni, l’ossido nitrico si trova a metà del gradiente di ossidazione, in una posizione chimica ideale: abbastanza stabile da esistere, ma abbastanza reattivo da partecipare a trasferimenti di elettroni.

Quando la Terra si arricchì di ossigeno, molte vie metaboliche anaerobiche scomparvero, ma l’ossido nitrico sopravvisse, assumendo nuovi ruoli. L’evoluzione lo conservò per la sua versatilità fisico-chimica. Poteva attraversare le membrane senza bisogno di trasportatori, diffondeva rapidamente, reagiva con i metalli delle proteine, aveva una durata limitata e si eliminava da sé. Era una molecola economica e precisa, qualità sempre premiate dalla selezione naturale. In un mondo in cui la comunicazione chimica diventava sempre più complessa, NO offriva un canale diretto, rapido e circoscritto.

In questo modo, ciò che nei batteri era stato un intermedio metabolico divenne un segnale fisiologico negli animali. La vita riutilizzò ciò che la geochimica le aveva dato. Non inventò nulla di nuovo: trasformò una reazione antica in un linguaggio di regolazione. L’ossido nitrico divenne così un ponte tra la chimica inorganica e la biologia, tra la materia e la fisiologia.

Ogni segnale biologico deve rispettare un principio: durare quanto basta per essere percepito, non di più. L’ossido nitrico è la perfetta incarnazione di questa regola. Vive il tempo di un messaggio e poi scompare. Questa transitorietà lo rende sicuro e preciso. Non accumula errore, non lascia traccia tossica, non crea confusione nel sistema. È per questo che l’evoluzione lo ha mantenuto in tutte le specie, dai batteri agli esseri umani.

Oggi la cosiddetta “miracle molecule” è ovunque. Regola il flusso del sangue e la pressione arteriosa, modula la funzione immunitaria, partecipa ai processi di apprendimento e di memoria, e controlla l’efficienza energetica dei mitocondri. I farmaci che agiscono su di essa, come la nitroglicerina o il sildenafil, non fanno che imitare o prolungare un meccanismo naturale. 

Nel radicale libero che si diffonde per pochi secondi tra una cellula e l’altra si può leggere un principio universale: la vita non separa ciò che è chimico da ciò che è biologico, per la semplice ragione che ciò che è biologico è prima di tutto chimico. L’ossido nitrico è il testimone di questa continuità. Era presente nei fondali anossici della Terra primitiva, dove chiudeva il ciclo dell’azoto, e ancora oggi regola la pressione del sangue e la memoria nei cervelli umani. Dall’atmosfera primordiale ai tessuti di un organismo, la stessa molecola continua a svolgere funzioni diversissime, per una sola ragione: la chimica giusta.

Enrico Bucci

Enrico Bucci, Ph.D. in Biochimica e Biologia molecolare (2001), è stato ricercatore presso l’istituto IBB (CNR) fino al 2014. Dal 2006 al 2008 ha diretto il gruppo R&D al Bioindustry Park del Canavese. Nel 2016 ha fondato Resis Srl, azienda dedicata alla promozione dell’integrità della ricerca scientifica pubblica e privata. È professore aggiunto alla Temple University di Philadelphia presso il dipartimento di Biologia. È consulente per l’integrità nella ricerca scientifica per diverse istituzioni pubbliche e private, sia in Italia che all’estero.
Il suo lavoro nel campo dell’integrità scientifica è apparso su diverse riviste nazionali e internazionali, inclusa Nature ed è stato premiato a Washington nel 2017 con il “Giovan Giacomo Giordano NIAF Award for Ethics and Creativity in Medical Research”. È autore di oltre 100 articoli scientifici su riviste peer reviewed, di alcuni libri divulgativi e di una rubrica quotidiana di divulgazione su «Il Foglio».

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